Venerdì 19 Aprile 2024

La sfida della fede

GIUSEPPE LARAS *

DINANZI a tante morti e a tanto dolore, il silenzio è forse la risposta più dignitosa ed etica. Il silenzio, assieme all’aiuto a chi ha bisogno. La morte di bambini, addormentati nella notturna quiete domestica, e la distruzione di famiglie ritrovatesi nei paesi aviti rendono più crudele e scandaloso il dramma vissuto dai nostri connazionali, a cui vanno la mia vicinanza e le mie preghiere. La fede non dà risposte e, in sé, non è una risposta. La non-fede può essere risposta legittima. Il credente è sospeso tra l’esperienza dell’assenza di Dio e del Suo silenzio, comune a tutti, e l’interiore convincimento, non sempre condiviso, che, nonostante l’orrore, Dio sia misteriosamente vicino, partecipe del suo soffrire.

In caso di devastazione e prostrazione, le rampogne a Dio e la bestemmia, benché estreme, sono risposte religiose autentiche, che esprimono la fede anziché negarla (Abramo e Giobbe). Quando, nella Genesi, Dio giudicò buoni o molto buoni gli elementi creati, dobbiamo ricordarci che sono tali nella Sua prospettiva, e non necessariamente nella nostra. 

NOI esperiamo la natura per come la definì Leopardi: madre e matrigna. La durezza del reale dovrebbe mettere in guardia teologi melensi e ambientalisti ideologici. Quando la terra trema e miete vittime, diventa chiaro l’esigente comando divino di dominarla e soggiogarla (Genesi I, 26-28). L’orografia dell’Italia ci obbliga a prendere sul serio questo imperativo e a nutrire stima e fiducia per gli scienziati che cercano di rendere più sicura, pur con difficoltà e limiti, la nostra esistenza a contatto con le forze naturali. Lo scienziato moderno,cerca di controllare e manipolare l’esistente, più in ossequio che in trasgressione al precetto divino. Le voci di queste persone – Cassandre inascoltate dalla politica – sono quelle da assumere per il presente e il futuro del Paese. Mettere l’Italia in sicurezza è una sfida colossale, che si proietta sul pubblico e sul privato, sulla salvaguardia del passato e sulla possibilità stessa del futuro. La decadenza di un popolo inizia quando pensa che la sfida sia insuperabile: non deve essere il nostro caso. L’enorme sforzo politico, culturale ed economico che ci attende non è procrastinabile, poiché riguarda anche la ripresa economica e lavorativa del Paese.

*Rabbino capo  di Ancona e delle Marche