Giovedì 18 Aprile 2024

Italia-Svezia, lo specchio di un Paese in affanno

Buffon, Bonucci e De Rossi (LaPresse)

Buffon, Bonucci e De Rossi (LaPresse)

Milano, 13 novembre 2017 - Al di là degli aspetti sportivi, l'appuntamento calcistico di stasera al Meazza è probabilmente un compendio del momento che sta passando il nostro Paese. A volte lo sport è immagine della vita reale.

Gli azzurri ci arrivano con il forte rischio di uscire dal giro del calcio che conta, a vantaggio di semi-potenze in teoria meno forti di noi (Svezia), già sorpassati da nazioni che qualche anno fa erano stabilmente alle nostre spalle (Spagna). Ci arriva con una classe dirigente ampiamente datata (Tavecchio ha 74 anni, Ventura 69) originata da un mancato rinnovamento all'insegna della qualità, come di una generazione di calciatori ormai passata (il meglio che al momento la nazionale esprime è il blocco difensivo dei vari Buffon, Barzagli, Chiellini, tutti a fine carriera).

Una classe dirigente figlia di un accordo al ribasso, se è vero che i migliori tecnici sono all'estero (Conte, Ancelotti) e quello regnante (Ventura) è lì solo perché prende meno degli altri. Con un presidente federale, Carlo Tavecchio, contestato sin dal suo arrivo, vecchio navigatore di lungo corso nelle retrovie delle gestione del potere sportivo. E al di là di come finirà sul campo, l'immagine è quella di un pezzo di Paese che ha imboccato una fase di stanca e che non esprime più una tensione positiva in grado di farlo emergere. Eppure pare che stasera l'Italia tutta - non solo quella sportiva - si giochi un pezzo del suo orgoglio di essere nazione. Istantanea stridente, che mette ancora più in rilievo la tipica dicotomia italiana tra il volere e l'essere: vogliamo primeggiare ma poi ci accontentiamo di accordi al ribasso, scordandoci che risultati arrivano dopo aver sognato in grande, e l'aver messo in pratica i sogni.