Giovedì 18 Aprile 2024

Bando alle ipocrisie

La parola è la più funzionante valvola di sfogo del nostro ‘non detto’, il mondo interiore, quell’inespresso magma che Sigmund Freud dipinge come inconscio, fondando la psicoanalisi. L’insulto è forse la punta di questo sommerso che si rivela e si apre alla delizia del proibito, del trasgressivo, dell’indicibile. È quindi un piacere salutare come uno studio suggestivo sul costume il bel Dizionario giuridico degli insulti, che ci illumina sulla loro rilevanza penale, sciorinando una classifica di quelli più gravi e sanzionati. La «peste del linguaggio» ha trovato nella licenziosità dei social un’alleata nutrice di grande energia. Addentriamoci in questa borsa valori delle offese linguistiche, che avrebbe deliziato Pietro Aretino e Carlo Emilio Gadda. Al primo posta sta, in omaggio al maschilismo dell’italico linguaggio, «puttana», al secondo «figlio di puttana»... come non relazionare tale privilegiato posto della scala al mammismo familistico del Bel Paese, pronto a perdonare la disinvoltura sessuale al maschio, ma non alla donna? Procedendo nella classifica incontreremo la fecalità, retaggio di un’infantile dimensione produttiva che ci riporta allo stadio anale di Freud. Ecco allora «merda» e «pezzo di merda» al terzo e al quarto posto, parolacce che oggi trovano spazio in certi animati talk show dove la vince chi primo lancia la provocazione. Ma forse non bisogna demonizzare questo facile ricorso all’insulto che nella lista del dizionario continua con «buffone», «vaffanculo», «coglione», «troia», «cornuto», «fascista», fino ad atterrare a «pazzo», «zoccola» e «ignorante». È una verità ormai accreditata che al linguaggio nobile della cultura manca tutta una serie di parole per nominare in modo convincente la sessualità. Basterebbe pensare all’espressione «fare l’amore» per significare l’atto più alto e divino fra due esseri umani. Solo ricorrendo alle parolacce sembrerebbe di poter arrivare al vero e al sincero. Il linguaggio casto e garbato è falso? Forse sì, e l’ipocrisia della nostra sessuofobica educazione cattolica è responsabile di tale povertà che costringe alle parole volgari in mancanza di una verità convincente, nell’ambito del linguaggio lecito ed educato.