Giovedì 18 Aprile 2024

Il rispetto delle regole

Prima di tutto i bambini. Che siano 4.000, come risulta da una sorta di statistica, di più o di meno, poco importa. Ci sono. Esistono. Questa è la cosa importante su cui non possono esserci dubbi o mediazioni. Poi, i genitori. La madre, sempre certa, ovuli e uteri in affitto a parte. E il padre, a volte incerto, che può essere un impiegato di banca, un idraulico, o anche un prete. Succede. Un sacerdote qualunque, diciamo, senza esagerare come i Borgia il cui papà era il Papa. Altri tempi. Dunque, i bambini. Che hanno diritto ad avere due genitori. Concetto buttato di recente nel frullatore del relativismo, da cui è uscito con una serie quasi infinita di combinazioni. Noi, per farla più semplice, parliamo di un babbo maschio e di una mamma femmina in servizio attivo. Bene, se il babbo è prete, però, nasce un problema: o fa il babbo, o fa il prete. Perché la regola nella Chiesta cattolica da più di mille anni è molto semplice: i sacerdoti non possono sposarsi, tanto meno figliare. Il problema, dunque, ha già una sua soluzione obbligata: o si maneggia il biberon, o si amministrano i sacramenti. Alternativa secca che non nasce da un’interpretazione conservatrice, restrittiva, ma dal patto che volontariamente un individuo ha sottoscritto con la Chiesa di Roma.  

Se esci dal patto, esci dalla Chiesa. Non a caso anche un Pontefice tutt’altro che bacchettone come Francesco, da questo orecchio non ci sente. Quindi cari preti-babbi, se vi capita di fare un figliolo toglietevi la tonaca, indossate il grembiule, e non cercate di fare i furbi, tenendo un piede in casa e uno in Chiesa. Perché così vuole la vostra regola. E soprattutto così vogliono i figli. Che hanno bisogno di due genitori veri, e non di un genitore presente, e di un altro che entra ed esce di nascosto da una sacrestia. Questo almeno fino a regola contraria. Discorso probabilmente meritevole di essere riaperto. Dopo mille anni.