Il comico e i pasticcioni

SE LE COSE della politica avessero un senso, il candidato premier del Movimento Cinque Stelle non dovrebbe essere Luigi Di Maio o un altro parlamentare, ma Beppe Grillo. Quello che i giornali anglosassoni chiamano il comedian ha fondato il movimento, ne è stato l’organizzatore con Gianroberto Casaleggio,ne è l’anima, né è – soprattutto – il garante. Cioè, nei fatti, l’unico abilitato a prendere decisioni definitive sulla linea politica e su chi deve portarla avanti. Il leader incontrastato che di fatto non risponde a nessuno, essendo anzi gli altri – gli eletti – che debbono rispondere a lui. Si dice che Virginia Raggi avesse più d’un dubbio sulla rinuncia alle Olimpiadi, anche perché Paolo Berdini – l’assessore all’Urbanistica fiore all’occhiello della giunta comunale – era nettamente favorevole. E se l’assessore del ‘no al mattone’ garantisce che le Olimpiadi di Roma non sarebbero state occasioni di cementificazione selvaggia, almeno i grillini avrebbero dovuto crederci.

DINANZI all’ipotesi di un nuovo rinvio, Grillo ha chiamato la Raggi e le ha ordinato di procedere con quanto promesso in campagna elettorale (anche se Luigi Di Maio aveva detto il contrario). Il sindaco di Roma nei primi tre mesi di attività ha combinato una serie monumentale di pasticci, ma si è avuta più d’una volta l’impressione che volesse andare avanti da sola, esponendosi alle feroci critiche dei compagni. Il sostegno che Grillo e altri le hanno dato nei momenti più difficili sembra più un calcolo politico che autentica convinzione. Togliere il simbolo alla Raggi – espellerla cioè dal partito – equivarrebbe a certificare il fallimento delle capacità amministrative dei 5 Stelle con conseguenze devastanti sul piano nazionale. A nostro avviso, la rinuncia alle Olimpiadi è stato un errore amministrativo e politico. Amministrativo perché i soldi e i ristretti tempi olimpici avrebbero imposto di ammodernare una città che sta scivolando nel Terzo Mondo. Politico perché il M5S avrebbe avuto la gigantesca occasione di dimostrare che mentre gli altri partiti sono inefficienti e rubano, i Cinque Stelle sono immuni dall’epidemia. Evidentemente non si sentono pronti ad affrontare rischi e non si capisce con quale spirito affronteranno quelli che dovesse presentare il governo nazionale.

ALLO stato nel gruppo dirigente del M5S – che da oggi tiene la convention a Palermo – sono state azzerate gerarchie e gruppi di comando. Come accadeva nei paesi dell’impero sovietico, Di Maio ha mondato le sue colpe con una franca autocritica ed è stato (per ora) retrocesso in una seconda linea che non si capisce quale sia, visto che anche la prima (il Direttorio) è stata azzerata. Dinanzi all’incapacità dei suoi di gestire il problema Roma, Grillo – che aveva fatto un passo a lato – ha dovuto rientrare di corsa al centro della scena e riprendere il pieno controllo del Movimento. La domanda finale è allora questa: siamo pronti a farci governare per interposta persona (chiunque essa sia) da un comico brillante che ha messo su un partito di pasticcioni? Il M5S è assai rispettabile visto che è stato votato da milioni di persone. Queste persone lo voterebbero ancora nella situazione attuale? O il rigetto verso gli altri partiti è ancora tale che siamo disposti ad affidare l’Italia agli umori di un brillante comedian?