Invasioni di campo

Roma, 26 maggio 2017 - Il duello Tar-Franceschini è l’ennesimo braccio di ferro della giurisdizione contro la politica, o l’amministrazione. Talora la prima eccede con invasioni di campo, talaltra le seconde sbagliano platealmente. E le rispettive devianze si sommano con effetto sinergico. Senza contare i veti incrociati: il Tar resuscita i centurioni fulminati dalla Raggi; blocca il Tap pugliese in nome di cento ulivi; sdogana Stamina per vizi formali; imperversa sugli Ogm; disfa concorsi ed esami; vanifica precettazioni salva-aeroporti, e così sentenziando. Spesso formalmente a ragione, ma con tempi e modi talora scollati dalla realtà. Se il Tar fosse il controllo qualità e la Pa la direzione produttiva, l’azienda sarebbe fallita da tempo.

Con la sentenza che boccia i direttori stranieri dei musei, l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto. Franceschini ha torto, ma il Tar non ha ragione. Sbagliano entrambi, se l’uno, meritoriamente, vuole direttori capaci anche se stranieri, dimenticando però che la legge non lo consente (spetta alla politica cambiarla, non ignorarla od infrangerla), e l’altro bacchetta a ragione, ma fuori tempo massimo. Che fare? Non certo abolire i Tar, come qualche politico, scherzando ma non troppo, propugnava. Anzi, moltiplicando i controlli di legittimità, anche preventivi. E abbreviando i riti di quelli successivi, così snelliti. Il controllo giudiziale di legittimità, ad esempio, di un bando o di una prova di concorso non può farsi in tre giorni. Ma in trenta, sì! La realtà processuale si scosta dal reale, soprattutto nei tempi. Così, il Tar, decidendo ora su procedure di nomina iniziate nel 2015, decapita musei cristallizzandoli con direzioni ad interim. E, poi, potendo decidere solo causa per causa, fulmina il direttore di Capodimonte, ma non quello degli Uffizi, ancorché entrambi stranieri. Persino i centurioni, del resto, sono resuscitati non tutti, ma solo i dieci ricorrenti.