Giovedì 25 Aprile 2024

L'arroganza non paga

Roma, 22 giugno 2016 - I programmi, certo. L’economia che stagna, pure. Le polemiche interne al Pd, perché no. Le candidature sbagliate, senza dubbio. Ma dietro al vento nuovo spirato nelle elezioni di domenica, pare emergere tra il premier e il Paese la trama di un sentimento almeno per il momento incrinato. Una connessione persa più sul livello emotivo che razionale. «Matteo» non buca più, «Matteo» in certe sue prese di posizioni dà più fastidio che altro, come hanno testimoniato alcuni dei candidati che non l’hanno voluto accanto dopo il primo turno. Ed è lo stesso Matteo che una volta funzionava, quello che petto in fuori combatteva contro tutto e contro tutti, che si faceva forte della sua straordinaria capacità di leadership per scardinare i meccanismi arrugginiti di un paese incagliato. «Sono arrivato io e tutto va a posto»

Ma ciò che nel breve è virtù alla lunga diventa un peso, e ciò che per poco è forza di volontà alla lunga è, se lasciata sola a se stessa, arroganza. Una predisposizione d’animo, questo il punto, che però questo Paese non ha mai sopportato come cifra e stile di governo. L’arroganza alla marchese del Grillo, quella del «io so’ io e voi non siete niente» e che ultimamente si è declinata nei «Fassina chi?» o nei «ciaone». L’arroganza di chi non vuol discutere, di chi non sente il bisogno di scendere a patti, di confrontarsi, di chi pensa di non aver mai bisogno degli altri. L’Italia è un paese cattolico, che ama condividere, includere ed essere inclusa, la cui massima virtù è la misericordia e il perdono. I democristiani l’avevano compreso bene, e per questo hanno interpretato per lunghi anni il Paese nella sua essenza più intima. Anche i comunisti non furono mai arroganti, neanche quando alla loro convinzione di superiorità morale accompagnarono sempre una tradizione di amministrazione nelle regioni più vitali del Paese. Neppure Berlusconi fu mai arrogante, lui per formazione uomo d’affari conscio che per vendere occorre sempre piacere, farsi concavo o convesso a seconda dell’uso e della convenienza. L’unico arrogante, orgoglioso della propria arroganza fu invece Craxi, che di questo modo di governare per un certo tempo non subì l’onta forse perché giunto dopo anni e anni di immobilismo democristiano, ma che alla fine della sua arroganza ebbe a scontarne.

Ecco, pare che con i ballottaggi di domenica con la prima vera sconfitta elettorale del renzismo, gli italiani abbiano punito, tra le altre cose, uno stile di proporsi troppo centrato sulla personalità di un leader volitivo al punto da non apparire inclusivo, come invece da sempre sono abituati. Non è mai troppo tardi per cambiare, verrebbe da dire, perché al di là del carattere Renzi è un leader intelligente che sa annusare l’aria e, non scordiamocelo, di formazione democristiana. Sempre che decida una volta tanto di non fare il Renzi.