E i cittadini pagano

La "specialità" degli statuti delle cinque Regioni autonome, che in quanto "speciali" hanno rango costituzionale e possono essere modificati solo con procedura rafforzata pari a qualsiasi altro articolo della Costituzione (nel caso della provincia di Bolzano ancora di più, perché è un trattato internazionale e per cambiarlo serve il placet di Vienna), consentono svariati tipi di.... "specialità". Ogni statuto è diverso dall’altro, perché diverse furono le motivazioni che portarono alla scelta di rendere cinque regioni diverse dalle altre, e diversi sono gli "accordi" di carattere fiscale e organizzativo con lo stato centrale. Ma quei tempi sono lontani. È caduto il Muro di Berlino, si è dissolta l’Urss ma le regioni a statuto speciale – ruderi di un passato remoto fatto dai blocchi contrapposti – sono ancora lì. Nessuna riforma costituzionale, neppure la Renzi/Boschi, ne ha mai presa in considerazione la limitazione, e anzi, col tempo i margini di autonomia sono cresciuti.

Il motivo? Semplice: consenso. Cinque regioni autonome sono sette/otto milioni di voti e nessun partito è ed è stato in grado di sfidare l’arrabbiatura popolare che seguirebbe a una limatura dei privilegi. Peraltro il potere romano ha avuto spesso a che fare con forze locali (specie a Trento/Bolzano) che hanno messo a disposizione i propri voti parlamentari in cambio di sempre maggiori concessioni. Tutti sanno che siamo di fronte a un anacronistico privilegio in confronto del quale la cagnara sui costi della politica fa ridere, ma nessuno fa nulla. E così si va avanti per inerzia, con un sistema squilibrato, che al Sud si declina in sprechi e al Nord (Trentino e Vallé) in un welfare modello svedese e in un’economia che funziona, che produce il reddito nazionale più alto ma che di fatto è un’economia assistita. Il tutto pagato dalle tasche degli "altri" italiani