Giovedì 18 Aprile 2024

Giudicare con la testa

Roma, 27 giugno 2017 - Domenico Diele «se la cava» con i soli domiciliari e il comodo braccialetto elettronico, che prima o poi arriverà? Solo perché è noto? Ma non dovevano «buttar via la chiave», se ha ucciso Ilaria guidando da drogato, senza patente e senza assicurazione? Dobbiamo comprendere il grido di dolore, e la vita distrutta, del padre della vittima. Ma anche evitare derive giustizialiste. Diele ha sicuramente molti torti, anche (furbamente?) confessati, ma ancora non sappiamo esattamente quali. Potrà dircelo solo il futuro processo. La gravità del reato giustifica una misura cautelare; ma, appunto, cautelare. Non certo una anticipazione della pena. Finalizzata, quindi, solo a scongiurare pericoli di fuga o reiterazioni del reato. Domiciliari e braccialetto sono sufficienti. La carcerazione, oltre che più costosa per lo Stato e rischiosa per l’indiziato (pensate al bullismo carcerario subito da Corona), sarebbe solo misura afflittiva senza processo. Dunque giustizia sommaria preventiva; per l’orrore della morte di Ilaria, ma anche per il gusto giacobino di scalzare un piedistallo. Sarà il processo a graduare la pena. Perché Diele confessa un fatto innegabile; ma lo dipinge come disattenzione da telefonino. Criminale anch’essa. Ma non da 16 anni di carcere. Diele si drogava. Ma quanto era «fatto» quella sera? Equivalente di due bicchieri di vino, o di due bottiglie di grappa? L’omicidio stradale è un reato ibrido, introdotto a furor di popolo; accomuna accadimenti a spettro troppo ampio, dal dolo eventuale (o anzi attuale) di chi assume droghe pesanti per il piacere della guida folle, alla colpa da frenata lunga del pendolare stanco in rientro. L’odioso reato di Diele genera odio viscerale. Ma lo stato di diritto ragiona con la testa, non con la pancia.