Giovedì 25 Aprile 2024

Il potere del nemico

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NELLA direzione del Partito democratico di ieri i diversi ‘contendenti’ hanno seriamente guardato in faccia la possibilità di una separazione. Ognuno temendola. Nel suo brusco e vivace intervento Roberto Giachetti ha detto che il Re è nudo: che da una parte ogniqualvolta si è ottenuto qualche cosa, lo si è poi trovato insoddisfacente aprendo un altro fronte; che dall’altra i paletti di ieri sono diventati le porte aperte di oggi. L’oggetto è l’Italicum, la legge elettorale ormai approvata da molti mesi con voto di fiducia, ora rimessa in discussione. Ma l’Italicum costituisce il ‘luogo’ del compromesso per riportare una minoranza sempre più orientata al No al referendum verso il Sì. Anche se le cose sono ancora più complesse, perché si è colto, ad esempio nelle parole di Roberto Speranza – che si dimise da capogruppo alla Camera proprio a causa della fiducia sull’Italicum – il desiderio di trovare uno spazio di legittimità dentro al partito per i sostenitori del No.  Che il Re sia nudo, dunque, in realtà tutti lo sanno nel Pd, ma il problema è altrove.

 

PER la minoranza il problema è trovare una via di uscita dall’impasse, per Matteo Renzi portare il partito sulla propria posizione sul referendum. Perché per il segretario del Pd il referendum costituzionale, al di là dei mutamenti tattici della sua comunicazione, costituisce un passaggio cruciale per una rivitalizzazione della leadership – non solo nel partito, ma soprattutto nel Paese. Sul referendum costituzionale il premier cerca una legittimazione personale ed è per questo che alla direzione ha confermato la disponibilità a rivedere ciò che prima era una condizione non negoziabile (come il doppio turno), però con un “comitato di studio” da approntare dopo il 4 dicembre. La minoranza non si capisce esattamente cosa cerchi, certo una sopravvivenza, soprattutto nella prospettiva di una vittoria del Sì, che farebbe evaporare la speranza di una messa in discussione della leadership di Renzi.

IL SENTIERO è risultato stretto, durante la direzione, come ha scritto Mario Lavia di Unità.tv in un tweet. Ma alla fine la relazione del segretario, con annessa proposta di commissione, è stata approvata all’unanimità, in assenza della minoranza, che si è di nuovo persa nella propria indecisione. È difficile prevedere se dopo il 4 dicembre si arriverà a un accordo per cambiare l’Italicum, se Renzi ha davvero intenzione di arrivarci; il segretario del Pd, però, ha intanto ottenuto il risultato voluto. Tuttavia, questo equilibrio è fragile, perché dentro al Pd esistono idee diverse sulla collocazione del partito, sulla sua visione, sulla sua organizzazione. Ma, soprattutto, Renzi non è riuscito non tanto a portare sulle sue posizioni tutto il partito, quanto a convincere la minoranza che può davvero convivere con una sua lunga presenza al vertice. Come nelle democrazie attraversate da profonde e insanabili fratture, il potere dell’avversario è il potere di un nemico ed è un potere che fa temere per sé stessi. E così è molto difficile condividere uno stesso spazio.