Culle esentasse

L’APPELLO dei sindaci del Meeting di Rimini per il rilancio della natalità arriva quanto mai puntuale. È di questi giorni l’inesorabile allarme di uno dei demografi più avvertiti del nostro Paese: Gian Carlo Blanciardo (Milano Bicocca). Riguarda la mortalità, che però non è altro che l’altra faccia del complessivo andamento della popolazione. Ebbene, nel primo trimestre del 2017 le nascite sono state 112mila (meno 2,6% sul 2016, anno del minimo storico dall’Unità d’Italia), le morti 192mila (più 14,9). Se la tendenza continuasse per tutto l’anno, la mortalità tornerebbe ai livelli del 1944 (in piena Seconda guerra mondiale), mentre il saldo nati-morti risulterebbe negativo di 346mila unità.

I numeri non lasciano scampo nella loro fredda neutralità: siamo sicuramente in emergenza demografica, ma se sulle morti possiamo fare poco (oltre quello che fa la scienza), è sulle nascite che dobbiamo interrogarci. Il Piano straordinario per arrivare a due figli per donna, lanciato dai sindaci al Meeting di Comunione e liberazione, è, dunque, un segnale di attenzione lodevole. Peccato, però, che molto poco di quel che più serve per sostenere la natalità rientra nelle possibilità decisionali dei primi cittadini. La partita decisiva si gioca, nel merito, sul terreno del fisco e, nel metodo, su quello della strutturalità delle misure. Meno bonus «Mamma domani» e più interventi permanenti sui quali poter contare senza dover attendere la conferma annuale nella legge di Bilancio. Meno soluzioni estemporanee sotto forma di contributi e più solide e robuste detrazioni fiscali. La strada, del resto, è stata sperimentata con successo oltre confine: la Francia, per la sola famiglia, ha un bilancio di 60 miliardi di euro, e magari non sarà solo per quello, ma di bambini da quelle parti ne nascono quasi il doppio.