Sabato 20 Aprile 2024

Conti pubblici, il gioco delle parti

Roma, 27 settembre 2016 - Il gioco delle parti è bello quando dura poco. E invece, nell’estenuante soap opera sulla flessibilità dei conti pubblici italiani, questo gioco dura ormai da troppo tempo. Tanto che è ormai scoperto, ma non per questo meno plateale. In pratica, funziona così: alla vigilia di ogni manovra autunnale, il nostro governo (con Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan nelle vesti del poliziotto cattivo e di quello buono) strepita per ottenere la fatidica flessibilità, ovvero uno sconto di qualche decimo di punto sugli obiettivi di deficit, le autorità europee variamente intese aggrottano le ciglia e mugugnano con un grado di intensità direttamente proporzionale al livello di surriscaldamento dell’opinione pubblica nordica e degli appuntamenti elettorali in programma. Alla fine la flessibilità viene concessa, ma in misura inferiore a quanto richiesto. Tutti contenti: il governo che dimostra agli italiani (a maggior ragione ora con la campagna referendaria in corso) che ha battuto i pugni sul tavolo, la Commissione che dimostra ai suoi referenti politici, a Berlino, di aver messo in riga i mediterranei indisciplinati.

Fanno tutti così, è vero, ma c’è qualcosa che non torna. E quello che non torna precisamente è che gli obiettivi per l’Italia sono sistematicamente più duri di quelli degli altri, e quindi le conquiste che si fanno battendo i pugni, alla fine, consistono nel passare da obiettivi molto più duri a obiettivi semplicemente più duri. Ma sulla definizione, a monte, di questi, non sembra di aver mai udito lamentele da parte italiana. Nel 2011 ci venne richiesto di anticipare il pareggio del bilancio al 2014, cosa che non veniva chiesta a nessuno. Poi, dopo un paio di mesi, ci chiesero addirittura di anticiparlo al 2013. Alla fine nel 2013 il deficit è stato del 3% o giù di lì, e già così era più basso di quello di molti altri, a cominciare dall’incredibile Spagna che navigava serenamente intorno al 7%. Per continuare con la Francia, che del Fiscal Compact non si è mai curata più di tanto. Eppure sembrava che i reprobi fossimo noi, e quel 3% fosse una gentile concessione. I dati sono così lineari che la conclusione è che, solo a volerlo, tutto ciò non sarebbe possibile.  E se lo è, è perché c’è un consenso di base della controparte, noi. Gioco delle parti, appunto. Tranquilli, dunque, la flessibilità ce la daranno, non perché abbiamo fatto finta di battere i pugni ma perché stiamo dando loro quello che vogliono.