L’opinione del popolo

Roma, 10 dicembre 2016 - Certo, 26 delegazioni di partiti che sfilano al Quirinale non si vedevano dalla Prima Repubblica. Frutto dell’assenza di vincolo di mandato che ha consentito a oltre un quarto dei parlamentari di cambiare partito dall’inizio della legislatura e di formare gruppi, gruppuscoli, sacchetti di coriandoli senza alcun peso e alcuna influenza che hanno costretto il capo dello Stato a un impegnativo esercizio di pazienza. Sergio Mattarella è nato nella Prima Repubblica, ma c’è da giurare che abbia assimilato i ritmi costituzionali di ogni Stato moderno e nel giro di un paio di giorni incarichi il nuovo presidente del Consiglio. Il referendum si è risolto in una pesante sconfitta politica per Matteo Renzi, ma la sua maggioranza resta formalmente intatta. In condizioni normali il presidente della Repubblica dovrebbe rinviarlo alle Camere, sia pure con il mandato di correggere la legge elettorale e andare al voto. Ma a meno di un repentino cambio d’opinione, Renzi non ci sta.

NONOSTANTE il viatico del Movimento 5 Stelle e della Lega (resti e poi si voti) , vuole evitare i fischi della piazza che lo accuserebbe di ‘poltronismo’. Perciò ieri ha incontrato Padoan e per due volte Gentiloni, preparandosi a cedere il campanello di palazzo Chigi puntando a riprenderselo dopo le elezioni. Sia il ministro degli Esteri che quello dell’Economia sono figure idonee a garantire l’immagine internazionale del governo. Nessuno dei due ha spiccate ambizioni personali, ma Renzi pensa che Gentiloni gli faccia meno ombra ed è prevedibile che questa sia l’indicazione che il Partito Democratico darà al capo dello Stato. A marzo cadranno i sessant’anni dei Trattati di Roma che nel ’57 furono l’architrave dell’Unione europea. A maggio l’Italia guiderà il G7 a Taormina. Più tardi prenderemo un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Gentiloni ha ormai l’esperienza e lo status per far bene. Il designato dovrà formare un governo che non sia la fotocopia di quello Renzi, ma è difficile che possa appoggiarsi a una maggioranza diversa.

BERLUSCONI non ha alcun interesse ad entrare in un governo di fine legislatura, né ad appoggiarlo senza entrarvi. Al di là delle dichiarazioni battagliere dei suoi, Forza Italia non si gioverebbe di una corsa al voto: il Cavaliere è tuttora ineleggibile, un sostituto non c’è, Parisi è stato liquidato, Salvini va per conto suo. Alfano difficilmente riuscirà a staccarsi, anche se non tutti i suoi saranno confermati. Il suo disegno di ricostituire un fronte moderato si scontra con la realtà: meglio trattare con Renzi. L’interlocutore più importante del capo dello Stato non ha titoli per accedere al Quirinale. È l’Opinione Pubblica: per chiunque voti, ha una gran voglia di votare appena saranno approntate leggi idonee ad evitare nuovi pasticci. È difficile non tenerne conto.