Roma, 18 settembre 2017 - Talora c’è una regia dietro un’apparente casualità. Berlusconi si presenta alla kermesse di Tajani, a Fiuggi, per rivendicare dall’Europa la restituzione dell’onor perduto. Fin qui, niente di strano né di nuovo. Ma poi, nel giorno di Pontida e dell’avvio di quella che Salvini chiama «la lunga marcia» della Lega (ogni riferimento a Mao è del tutto casuale), il Cavaliere rivendica il diritto di primogenitura del centrodestra e aggiunge: «Abbiamo sempre avuto il leader per realizzare il programma». Botta e risposta. Naturalmente a distanza, per ora, ma giusto per fissare qualche paletto. C’è poi una seconda coincidenza, non casuale. Il Cavaliere rivendica la restituzione dell’onore perduto, ma sa anche che potrebbe non arrivare, oppure non giungere in tempo per rendere possibile la sua candidatura. Ma abbiamo illustri esempi di presidenti del Consiglio non parlamentari e quindi, comunque, rispetto alla scadenza elettorale i tempi si allungano. Intanto, però, Berlusconi ha bisogno d’avere la carta di riserva. E chi meglio di Tajani? Fino a qualche tempo fa avrebbe potuto essere Toti, ma si è troppo schiacciato sulle posizioni della Lega. Poi il suo inneggiare sul palco di Pontida al referendum per l’autonomia di Veneto e Lombardia lo ha messo definitivamente fuori gioco. Non può più essere uomo ponte.
Per ora si tratta di schermaglie. Stante le regole elettorali in vigore, che nessuno ha il coraggio di cambiare, le forze del centrodestra si coalizzeranno senza risolvere il problema della leadership. Prevarrà la logica del ‘vinca il migliore’, ossia chi raccoglie più voti. In più, se i sondaggi che danno il centrodestra al 35% trovassero conferma, la coalizione dovrà cercare alleati in Parlamento e Berlusconi, o chi per lui, avrà una capacità coalittiva superiore a quella di Salvini, che proprio non ce l’ha. Comunque, con le leggi correnti, il grande pateracchio si profila all’orizzonte. Potrebbero essere giorni difficili per Mattarella.