Accanto ai malati

Rivoluzione? Svolta? Quando ci sono di mezzo papa Francesco e i temi «eticamente sensibili» come famiglia e fine-vita l’orecchio dell’ascoltatore si fa sempre particolarmente attento, vista la tendenza del pontefice gesuita a fornire una non scontata lettura della dottrina cattolica. Gli inediti accenti contenuti nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia sulla comunione ai divorziati risalgono solo a qualche mese fa. Così anche stavolta, in occasione del messaggio alla Pontificia Accademia per la vita, tutti si interrogano a quanto ammonti il «tasso di innovazione», se così possiamo definirlo, nelle dichiarazioni del papa.

Dal punto di vista formale, viene da rispondere, non molto. E’ lo stesso Francesco a sottolinearlo, constatata la reiterazione con la quale nel testo Egli richiama precedenti pronunciamenti del Magistero sullo stesso argomento. A partire da Pio XII, la Chiesa ha sempre condannato l’eutanasia e continua a farlo. Dal punto di vista più sostanziale il passo in avanti c’è, eccome. Per la prima volta con questa nettezza il papa condanna allo stesso tempo eutanasia e accanimento terapeutico, parlando della necessità di rispettare la «proporzionalità delle cure». Soprattutto, Bergoglio propone un approccio più fattuale che dottrinario, con toni conseguenti. La realtà della vita del malato, del parere dei medici e dei familiari conta più del richiamo al catechismo. E’ un approccio gesuitico, attento a coniugare nel concreto e nella singola situazione la fede con la vita vera, per come essa si presenta. «Discernere» è il verbo fondante della spiritualità ignaziana. E’ un approccio che rimette al centro il malato, in tutte le sue espressioni: il corpo e la fede. E’ l’approccio che da cardinale di Buenos Aires, quello che visitava le villas miserias, Bergoglio ha sempre adottato.