Martedì 23 Aprile 2024

I segreti del Codex Purpureus, licheni e lacca di sambuco

Parlano i restauratori dell’evangelario illustrato più antico del mondo: "Questo tipo di tintura naturale non era mai stata identificata in un manoscritto così antico"

Le mani protette dai guanti per toccare il Codex Purpureus (foto Ansa)

Le mani protette dai guanti per toccare il Codex Purpureus (foto Ansa)

Roma, 26 giugno 2016 - È racchiuso in un mix di Roccella Tinctoria, lichene molto diffuso nell’area mediterranea, e carbonato di calcio il segreto del rosso violaceo capace di rendere regali le pagine del Codex Purpureus Rossaniensis, manoscritto datato V-VI secolo d.C. che, dal 2 luglio, sarà esposto Museo Diocesano di Rossano Calabro. Fatti fermentare in bagni basici o ammoniacali (interessante notare come nei secoli passati l’urina fosse un prodotto molto usato in preparazioni le più varie) dai licheni si estraeva l’oricella, un colorante viola utilizzato, ma solo dal XVI secolo, per tingere seta e lana. «Analizzando le tinte delle miniature abbiamo scoperto che i monaci hanno adoperato anche la lacca di sambuco, un colorante ottenuto dalle bacche che non era mai stato identificato in un manoscritto così antico», spiega Marina Bicchieri, responsabile del laboratorio di chimica dell’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario (Icrcpal) di Roma. Fisici, biologi, chimici e restauratori hanno passato al setaccio le 188 pagine rimaste del celebre evangelario miniato su fogli di pergamena color della porpora, forse il più antico libro illustrato della storia, dal 2015 Patrimonio dell’Umanità: vista la qualità delle miniature, magnifica quella di Marco Evangelista con la Sofia, l’Unesco lo ha inserito nei testi “Memoria del Mondo” e l’assicurazione ha fissato una stima simbolica di 80 milioni di euro solo per la sua trasferta (a Rossano Calabro il Codex tornerà in un furgone climatizzato e scortato).   Provato da secoli di traversie, dagli eccessivi rimaneggiamenti all’incendio dal quale chissà quando è stato salvato e nel quale forse sono andati perduti i vangeli di Luca e Giovanni, ciò che rimane dell’evangelario è stato restituito a nuova vita grazie a un delicato restauro e messo in sicurezza da una nuova più bilanciata rilegatura: racchiuso in una bella scatola di seta per proteggere la preziosa pelle marocchina della sua copertina, lo attende un climabox, culla perfettamente climatizzata e sicura, a temperatura costante. Dopo 4 anni nella Capitale, il Codex si appresta ora a lasciare la cassaforte che lo custodisce per torna in Calabria; l’arcivescovo di Rossano-Cariati lo aspetta trepidante. È stato lui a chiedere l’aiuto degli esperti romani, in attesa finissero i lavori che nel frattempo hanno rimesso a nuovo, ampliandolo e arricchendolo di app e grandi schermi multimediali, il museo diocesano. Che ora vanta anche una teca d’avanguardia, costruita apposta per l’illustrissimo ospite, climatizzata e monitorizzata, per tenerlo sott’occhio 24 ore su 24.    Anni di indagini e di analisi nei laboratori romani ne hanno confermato il valore incommensurabile, l’epoca e l’origine orientale, oltre a rivelare particolari inediti sulla sua fattura. Un tesoro fatto per essere destinato a durare; e così è stato «a dispetto di viaggi pericolosi, smembramenti, e delle fiamme», sottolineano i tecnici. Ma comunque fragilissimo: per questo ha bisogno di essere mantenuto ad una umidità costante e con una temperatura tra i 18 e i 20 gradi, adagiato su due cunei quando viene aperto, tenuto al riparo da polvere, insetti e dita umane. Tanto che le preziose pagine - nel 2013 sfogliate sotto gli occhi di Papa Francesco e dell’allora presidente Napolitano - potranno essere girate solo una volta all’anno.  «Ultimate le analisi, l’intervento riparatore si è limitato all’indispensabile e ha riguardato soprattutto la sostituzione della rilegatura non corretta degli anni ’50, oltre a piccoli rappezzi nelle pagine più segnate», spiega la responsabile del laboratorio di restauro Icrcpal, Lucilla Nuccetelli. Scritto in caratteri onciali, ovvero in greco maiuscolo, con ben 15 pagine miniate, il Codex è arrivato a noi ridotto, pare, alla metà di ciò che era in origine: due vangeli, quello di Marco e quello di Matteo, al quale mancano solo pochi versetti. Si sono persi invece i vangeli di Luca e Giovanni. «È uno dei quattro esistenti al mondo con queste caratteristiche - sottolinea la restauratrice - : ma fra questi è il più completo, oltre che l’unico rilegato»

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