Mercoledì 24 Aprile 2024

Chi paga il conto

di Giuseppe Turani

«ATENE abbiano un problema». Ieri sera, ancora prima di avere finito gli scrutini, in Grecia sono successe due cose. Tsipras, il vincitore, ha detto che è pronto a saltare su un aereo per andare a Bruxelles a riprendere la trattativa (con quelli contro cui aveva sollecitato, e ottenuto, il voto). Ma gli hanno risposto che può stare a casa perché non saprebbero che cosa dirgli. La seconda cosa è che la Banca centrale greca ha chiesto alla Banca centrale europea (cioè a Draghi) di mandare a Atene un po’ di soldi nella notte: altrimenti domani le banche greche aprono, ma non hanno denaro da dare ai loro correntisti, e hanno anche fretta perché soldi non ce ne sono più. Insomma, i greci già battono cassa.

BASTEREBBE questo a disegnare una vittoria, quella del no, che in realtà è piena di problemi. Se poi mettiamo anche nel conto che oggi i mercati finanziari saranno sull’ottovolante, è difficile immaginare che ci sia oggi in Europa qualcuno ben disposto nei confronti di Atene. E non si tratta solo dei detestati tedeschi. Il Fondo monetario, ad esempio, ha in carico paesi messi molto peggio della Grecia. E questi stanno facendo pressioni perché cessi il fiume di denaro verso Atene, se non ci sono segni di ravvedimento. Identica situazione si ritrova in paesi «poveri» europei (ex Urss in genere) che stanno anche loro peggio della Grecia e che detestano i greci, trattati troppo bene e troppo a lungo.

La signora Merkel, Hollande e la signora Lagarde vorrebbero fare qualcosa per disinnescare la questione greca, ma hanno «azionisti» più poveri della Grecia che vorrebbero qualche aiuto in più e magari anche prima della Grecia. Inoltre, ci sono i paesi con grandi debiti (Italia, Francia e Spagna) che in caso di allentamento dei vincoli comunitari sono già pronti a chiedere la loro parte di soldi. La matassa è complessa e si capisce perché a un irrequieto Tsipras hanno detto: stai pure a casa. Devono riflettere. Ma si può già immaginare come finirà: Tsipras firmerà gli accordi contro cui ha chiamato il suo popolo a votare, sia pure con qualche concessione marginale. E tutto continuerà come prima. Cambierà solo una cosa: la vita per i greci, voto o non voto, diventerà più difficile. Meno soldi gratis e più lavoro. Sempre che Tsipras non decida di puntare sulla dracma: in questo caso sarebbe la catastrofe.

di Giuseppe Turani