Staino: "Il mio amico Wolinski non doveva essere là"

Il dolore del vignettista: "Georges lavorava quasi sempre da casa"

Charles Wolinski (Reuters)

Charles Wolinski (Reuters)

Pino Di Blasio

FIRENZE, 8 gennaio 2015 - HA SCOPERTO quasi subito che tra le vittime della strage c’era anche il suo amico fraterno, Georges Wolinski. E così Sergio Staino, il padre di Bobo, è subito andato a cercare quella vecchia foto con lui, Altan e Wolinski (qui a destra). «Siamo stati amicissimi per lungo tempo – confessa con voce ferma ma palesemente triste – Lui è stato uno dei miei riferimenti, da quando lavorava negli anni Sessanta a Hara-Kiri, il settimanale culto del maggio francese, dal quale poi nacque Charlie Hebdo. Wolinski è stato con me a Cuba, è venuto tante volte nella mia casa in Toscana, tanto che ha voluto comprarne una simile in Provenza. Pentendosi quasi subito, perché subissato dalle tasse».

Tra Staino e Wolinski l’amicizia è diventata anche rapporto di lavoro. «Lui ha partecipato anche al mio film ‘Non chiamarmi Omar’, assieme a Altan, ricordo che si era invaghito di Stefania Sandrelli. Eravamo insieme anche in piazza Santa Croce a Firenze, nel 1994, a celebrare quella gioiosa macchina da guerra di Occhetto che perse rovinosamente le elezioni». Dai ricordi, Staino passa al dolore e alle lacrime. «La prima cosa che ho pensato è che Wolinski non fosse in redazione. Non ci andava mai, lavorava da casa. E invece era lì, a una riunione. Quei terroristi sapevano di trovare a quell’ora tutta la redazione, anche chi lavorava dall’esterno. Georges era l’elemento di fusione tra la satira del Sessantotto, quella della vecchia guardia di Reiser e Gébé, con i nuovi filoni. La sua cifra era politica e sociale, con tanti tocchi di erotismo goliardico. Lontano dalle vignette su Maometto e Islam che hanno fatto da detonatore alla strage». 

STAINO però spiega la distinzione. «Quelle vignette non sono belle – afferma da tecnico della satira – e avevano anche scarso senso artistico. Charlie Hebdo le ha pubblicate proprio perché sono una difesa della libertà di espressione, di pensiero, di stampa. La satira non si fermerà di fronte a questa strage. Anzi, aumenta la nostra voglia di lanciare sberleffi a tutti i fondamentalismi e ai fanatici. Anche l’Europa dovrebbe reagire così: isolare con maggiore forza gli estremismi e iniziare una politica di rapporti con la stragrande maggioranza di islamici che sono contro al Qaeda».