Sabato 20 Aprile 2024

Celiachia nei bambini, un test innocuo sostituirà l'endoscopia

Presentate al convegno dell'Associazione Italiana Celiachia le nuove linee guida del Ministero che semplificano le diagnosi nell'infanzia e nell'età adulta, i tempi e le modalità dei controlli a distanza

Celiachia

Celiachia

Roma, 8 novembre 2015 – Per tanti bambini con disturbi intestinali finisce un incubo. Nei più piccoli è possibile fare a meno della fastidiosissima biopsia, basteranno le analisi sugli anticorpi ricavate dal prelievo di un campione di sangue, un test semplice, rapido e sicuro. Finisce l’incubo dell’endoscopia, l'esame che si esegue con una sonda flessibile introdotta attraverso il cavo orale, giù per l'esofago e lo stomaco, anche in anestesia totale. Cinquantamila bimbi celiaci non ancora diagnosticati, per la prima volta dopo 40 anni, potranno verificare se hanno problemi con il glutine senza dover subire un accertamento invasivo, che resta necessario nell'adulto. Se i livelli di anticorpi specifici superano di 10 volte i valori normali, è già una certezza. È questa l’importante novità introdotta dall’aggiornamento delle linee guida del Ministero pubblicato di recente nella Gazzetta Ufficiale e discusso dai massimi esperti, durante il convegno nazionale dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC).

Una novità rilevante a fronte di una patologia in costante crescita, come ha sottolineato lo stesso ministro Beatrice Lorenzin: «Nel 2014 in Italia - ha affermato - sono risultati più di 170mila celiaci accertati; il dato è in continuo aumento e risultano ancora non diagnosticati più di 400mila celiaci». Tutelare questi pazienti «è un dovere, anche perché così facciamo un'importante opera di prevenzione con conseguente contenimento della spesa sanitaria».

La celiachia espone al rischio di conseguenze anche gravi: dall'osteoporosi alla malnutrizione, con ritardo di crescita nell'infanzia, infertilità nelle donne fino all'aumento del rischio di sviluppare altre malattie intestinali – spiega Gino Roberto Corazza, professore di Medicina Interna Università di Pavia - Attualmente la celiachia viene diagnosticata, in prima battuta attraverso i test degli anticorpi ma, in maniera certa e definitiva, solo attraverso l’endoscopia, esame invasivo e molto fastidioso. Se i villi intestinali sono atrofici è praticamente certa la diagnosi di celiachia.

La novità più importante introdotta dal documento è il recepimento delle linee guida della European Society of Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition, secondo cui nei bimbi con predisposizione genetica e livelli di anticorpi specifici superiori di 10 volte il valore normale, i villi intestinali sono atrofici e la diagnosi di celiachia è certa - dichiara Marco Silano, direttore del reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità - . Questo nuovo approccio rapido, sicuro e meno invasivo, semplifica la diagnosi e rende meno traumatico l’iter diagnostico per i bambini, agevolando l’individuazione della malattia e consentendo di ridurre le diagnosi errate. Le linee guida sottolineano con forza anche l’importanza di un attento follow-up con controlli e scadenze regolari: il primo a un anno dalla diagnosi, e successivamente ogni due anni, salvo complicanze, con particolare riferimento all'età adolescenziale, dove l’aderenza alla dieta senza glutine è spesso ridotta, precisa Silano.

Avere un iter chiaro e preciso per la diagnosi è fondamentale non solo per uniformare i percorsi diagnostici su tutto il territorio nazionale ma soprattutto per aiutare a riconoscere un maggior numero di casi – sottolinea Giuseppe Di Fabio, presidente AIC – . Nel nostro Paese si stima che a fronte dei circa 180mila pazienti diagnosticati a oggi, ci sia un esercito di 400mila italiani, di cui 50mila bimbi, che non sa ancora di essere celiaco e, nonostante le diagnosi siano ancora così poche, si calcola che il 20% siano errate. Ciò significa che solo il 25% dei celiaci è diagnosticato, gli altri non sanno di esserlo e mettono a rischio ogni giorno la loro salute. Servono in media ancora 6 anni per giungere alla diagnosi, sprecando denaro pubblico con esami inutili e costosi e ritardando l’inizio della terapia, unica prevenzione alle gravi complicanze della celiachia. Questo protocollo va dunque nel solco della più generale politica sanitaria, che, pur contenendo la spesa, ha chiaro l’obiettivo di diagnosi rapide e corrette, conclude Di Fabio.