Cannes, 19 maggio 2015 - Cinema di frontiera. Sicario, presentato stamani in Concorso è ambientato nella striscia di terra che separa il Messico dagli Usa all’altezza del confine tra Arizona e Texas; è sospeso tra thriller e poliziesco; è incerto tra due modelli forti quanto inconciliabili: Kathryn Bigelow e Steven Soderbergh. Se si aggiunge che il regista Denis Villeneuve viene da quell’area del Canada in cui mito dell’ovest e radici europee s’incrociano, il postulato di partenza è difficilmente contestabile.
L’intreccio è essenziale anche se poi il tessuto della trama s’infittisce nel corso degli eventi lasciando qualche zona opaca all’ingegno dello spettatore. Un cartello messicano della droga con ramificazioni nelle polizie, al di qua e al di là del confine, mette in apprensione Washington che decide di creare una inusuale task force tra Cia, esercito e Fbi. In questo gruppo, capeggiato dal rude Josh Brolin, che dispone di mezzi straordinari e of course di esenzione dalle regole, vengono inseriti due elementi dirompenti: l’agente female Emily Blunt (Into the woods) esperta sul campo e l’ex procuratore messicano Benicio del Toro, a cui il cartello ha decapitato moglie e figlia. Sensibilità femminile e voglia di vendetta, polarità opposte, possono convivere con esiti persino positivi. Ma fino a quando?
Il tema è frusto: l’unica maniera per ristabilire l’ordine è combattere il disordine con la violenza e usare per il suo mantenimento le medesime dinamiche di potere. Ma questo non conta, o conta poco, davanti ad una orchestrazione di sequenze che tengono sospeso il respiro dello spettatore. La sceneggiatura di Taylor Sheridan pesca abilmente dal repertorio del genere senza complessi ed è estremamente efficace nel rimodellare archetipi e nel rimettere in gioco, su sponde diverse, dubbi e quesiti morali degli war-movies.
La ragazza t-shirt e stivali (Emily Blunt ha un ruolo simile a quello di Jessica Chastain in Zero Dark Thirty) e l’ex uomo di legge divenuto spietato killer, sono i due assi che la sceneggiatura pone nella manica di Denis Villeneuve. In particolare l’idea che sia un disilluso messicano a riportare la (temporanea) vittoria delle forze Usa sul cartello è frutto di un’ironica astuzia.
Spari molti e spesso imprevisti. Spettacolo intelligente di un film usa indi(pendente). Qualcuno si domanda se il suo posto sia il Concorso di Cannes. Visti molti degli altri iscritti alla corsa alla Palma, la risposta non può che essere positiva.
Voto 7e 1/2