Mercoledì 24 Aprile 2024

Cannes, 'Carol': seduzione saffica che ci catapulta negli anni '50. Cate Blanchett: "Non sono gay"

Carol è girato quasi interamente in super 16. E’ forse il caso di riflettere su quanto il digitale disperda dell’ antica ricchezza cinematografica. Voto 9 In serata la versione restaurata di 'Rocco e i suoi fratelli'

Cate Blanchett a Cannes (Afp)

Cate Blanchett a Cannes (Afp)

Cannes, 17 maggio 2015 - Inizi degli anni Cinquanta: la presidenza Eisenhower, il maccartismo, la paura dei russi, il boom dei grandi magazzini. In una New York natalizia Carol, signora ricca e annoiata, visita il reparto giochi di uno dei mastodontici empori addobbati a festa e scorge una commessa che l’attrae all’istante. L’avvenenza e la sicurezza della ricca borghese che indossa pelliccia e guanti con eleganza, che guida una Oldsmobile decappottabile, hanno un impatto altrettanto immediato sulla giovane ragazza di provincia.

Credereste che questo incipit che promette il racconto dettagliato di un amore saffico sia frutto della penna di Patricia Highsmith, la stessa che due anni prima (1950) ha dato alle stampe Strangers on a train da cui Hitchcock trarrà uno dei film più belli? Nemmeno chi conosce a fondo il gioco ambiguo e complesso dei numerosi romanzi della scrittrice americana si azzarderebbe a ipotizzarlo.

 

CATE BLANCHETT: 'NON SONO GAY'

 

Dal testo semisconosciuto di Patricia Highsmith, Todd Haynes, con la complicità esplicita di Cate Blanchett e di Rooney Mara, ha costruito un melodramma moderno in cui l’elemento della diversità sessuale scompare a vantaggio della profondità del processo di seduzione e di innamoramento. Il senso di protezione e di valorizzazione da parte della ricca borghese nei confronti della giovane di provincia dalle ambizioni spiccate, ma fino a quel momento inespresse, sembra ricalcare tanti archetipi svolti in chiave maschile. Invece non è il puro cambiamento di sesso a segnare questo sottile e raffinato racconto cinematografico. È la straordinaria ricostruzione d’epoca, di colori, di ambienti e di atmosfere a rendere possibile il piccolo miracolo di spaesamento dello spettatore: anticamera della sua libera partecipazione a un amore che i dettami culturali ci rendono ancora oggi, nonostante tutto, magari eccitante, ma sostanzialmente ostico.

Todd Haynes, che come nessun altro ha la memoria cinematografica di quell’epoca (si veda “Lontano dal Paradiso”) e che agli anni ‘50 attribuisce evidentemente un mood irripetibile in altro tempo, ricostruisce meticolosamente (con l’aiuto di Edward Lachman direttore della fotografia stravagante quanto efficace) un universo incantato. Carol è girato quasi interamente in super 16. E’ forse il caso di riflettere su quanto il digitale disperda dell’antica ricchezza cinematografica.

Voto 9

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