Torino, ecco il 'nuovo' Museo Egizio. Il direttore: "Tante novità per Expo 2015"

Christian Greco racconta come sarà il museo, la cui prima fase del restauro finirà il 1° aprile 2015. "E in estate saranno visitabili anche i magazzini"

Il Museo Egizio di Torino (Lapresse)

Il Museo Egizio di Torino (Lapresse)

Torino, 19 dicembre 2014 - "Vai a Torino? Non perderti il Museo Egizio". Un invito che ogni turista si sente sempre rivolgere da amici e che, oggi, acquista nuovo significato grazie a un cambio al vertice con l'ingresso del neo­direttore Christian Greco, 39 anni, di Arzignano (Vicenza). Un giovane cervello di ritorno, dall'Olanda all'Italia, per dirigere il Museo delle Antichità Egizie. Un connubio capace di offrire un dinamismo di vedute, che già traspare nella volontà di rendere l'istituzione più internazionale, consolidando quel secondo posto che vede la raccolta torinese dietro solo a quella del Cairo. Ma soprattutto che si nota nell'imprinting votato alla multimedialità, nella decisione di non chiudere nemmeno nelle fasi più delicate della ristrutturazione e nel profondo restyling audiovisivo della collezione con la mappa scenografata da Dante Ferretti. Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino (Lapresse)

Greco, rientrato nel Belpaese dopo 17 anni di formazione nel prestigioso polo universitario di Leiden (Paesi Bassi), dal 2009 è responsabile della collezione egizia della locale Fondazione ­Museo delle Antichità ed è egittologo sul campo: co-direttore degli scavi nella necropoli del Nuovo Regno di Saqqara, partirà per una missione a complesso museale compiuto.

C'è tantissima curiosità intorno al Museo Egizio, come spiega questa attrazione irresistibile? "È una domanda alla quale è molto difficile rispondere. Bisognerebbe fare uno studio antropologico sul perché l'Egitto continui a esercitare un fascino incredibile sulle nuove generazioni. Io per primo sono investito da questo fascino, da quando, piccolino, dissi a mia madre la professione che avrei fatto sedotto dalla Valle dei Re. Un desiderio che si amplifica senza sosta nei visitatori. Tale che l'8 dicembre abbiamo superato il numero di visite del 2006, anno delle Olimpiadi, 540mila contro 529mila. Ho lavorato per anni alla gestione di un museo delle antichità e ogni volta che allestivo un progetto sull'Egitto c'era la fila fuori, cosa che non si verificava con le altre mostre".

I motivi? "Li individuo nella bellezza dei reperti, nella loro conservazione, quindi in un fattore estetico. Reperti che ci permettono di entrare in contatto con la vita di chi li ha vissuti. Inoltre l'avvicinarci a un Paese così antico come l'Egitto ci rende parte di un sapere esoterico, sono come porte che si aprono su una civiltà. Le racconterò un segreto: nei momenti di massima tensione e lavoro, come questo, quando l'agenda è piena di impegni, cerco sempre di fare un giro giù nelle sale al cospetto di tanta meraviglia, per ritemprarmi. Merito e onore ai miei collaboratori che, con sforzi enormi, stanno tenendo un museo aperto nonostante il cantiere - il più grande che c'è in Italia - in massima sicurezza, per un'operazione da 50 milioni di euro di investimento. Mi sembra un risultato magnifico".

Valorizzare la collezione esistente e puntare sulla ricerca facendo diventare il Museo un punto di riferimento,  ma anche le passeggiate del direttore e il dialogo con le altre istituzioni, Il Cairo in primis. Lei si muove molto su questi binari... "Sì e tutti stanno diventando sempre più elementi concreti. Partiamo dalla ricerca, nostra ragion d'essere fondamentale. Io dico sempre, seconda collezione al mondo, non il secondo museo. E non è un vuoto sofismo. Il suo valore imprescindibile si vede nei risultati della ricerca e nella condivisione di questi con la comunità egittologica internazionale. Secondo punto, abbiamo già una serie di accordi siglati: con l'Università di Pisa per l'attivazione di un dottorato nel 2015, con borsa di studio sponsorizzata dal museo Egizio di Torino finalizzata alla valorizzazione della sua collezione. Poi un accordo con il CNR dell'Ibam per lo sviluppo di nuovi supporti espositivi, realtà aumentata e foto immersive. Quindi una collaborazione con i Musei Vaticani, che si sta concretizzando in un progetto di ricerca sui sarcofagi e la partnership con il Museo di Leiden sulla campagna di scavi a Saqqara, che farà diventare lo scavo italo-olandese perché l'Egizio andrà in Egitto!"

E non è finita qui... "C'è un dialogo ben avviato con l'università di Coimbra, per un progetto sui sarcofagi della 21° dinastia, che coinvolge anche Leiden, Los Angeles e il Louvre e tanti altri sono in fieri. Abbiamo ospitato una serie di studiosi e vogliamo assumere giovani ricercatori: i curatori sono sette e per ora chiamati con contratti a breve termine, ma speriamo di avere soldi per poterli stabilizzare. Altro aspetto essenziale, il nostro è un museo archeologico che cercherà di contestualizzare i reperti non solo nel loro essere manufatti artistici, ma riferendoli alla terra da cui provengono.

Quante mostre temporanee prevede? "Nel 2015 non ce ne saranno, poiché il nostro primo impegno è la grande opera di restauro dell'edificio, nel quale siamo immersi anima e corpo e per questo non distinguiamo le sere dai giorni. Prevedo due mostre all'anno dal 2016".

Che cosa cambierà per il pubblico nel modo di visitare il museo? "Offriremo 10mila mq in cui i reperti saranno disposti su quattro piani ed esposti in percorsi a tema, tutti da scoprire. Non sarà solo un contenitore unico, ma potrà contare su spazi raddoppiati.

Quali le novità scientifiche e allestitive per il 2015, anno dell'Expo? "Metteremo in pratica i criteri museologici che ci hanno guidato sin qui. Racconteremo la storia di un museo ottocentesco come il nostro, quindi la meta­-storia del museo, che non significa solo reperti, ma anche descriverne la fase antiquaria del 1824 e la Missione Archeologica Italiana tra il 1900 e il 1935 con le campagne in Egitto. Questa storia andava assolutamente narrata. Poi ci sono altri elementi cardini, come la Prosopografia. Illustreremo la vita dei personaggi che possedevano i reperti, ora presso di noi, il loro corso honorum e la biografia del Museo che hanno fondato. La nostra identità dev'essere chiara".

Che intende? "Non avremo più un museo romantico, che racconta l'Egitto dalla 'A' alla 'Z'. Ma somiglieremo agli Istituti archeologico-­classici in linea con i nuovi criteri europei".

Un esempio? "Il magnifico museo di Villa Giulia a Roma, sull'era l'etrusca. Per dirla in latino, il procedimento sarà all'insegna del Disiecta Membra, e questo è il vantaggio che andremo ad avere col museo del XXI secolo. Gli attuali mezzi di comunicazione e la digitalizzazione permetteranno di realizzare, come l'ho soprannominato, il Museo Impossibile.

Quando sarà terminata la lunga fase di ampliamento e ammodernamento del Museo? "In realtà le fasi sono due: i 3500 reperti nelle vetrine saranno in mostra dal 1° aprile 2015. Poi dall'estate saranno visitabili anche i magazzini, raggiungendo così il numero di 20mila reperti, suddivisi in classi di materiali diversi, legni, vetri, ceramiche". 

Siete in linea con la tabella di marcia?  "Chiuderemo il cantiere il 1° aprile! Per farcela, saltiamo vacanze e feste".

Lo Statuario avrà una nuova denominazione? "Si chiamerà la Galleria dei Re, in onore del decifratore dei geroglifici egizi, Jean­François Champollion, che nominò queste gallerie 'una magnifica riunione di sovrani e divinità della 18ma e 19ma dinastia'".

Quando partirà per Saqqara? "Il 1° maggio raggiungerò lo scavo".

Capitolo Leiden: ha intenzione di far fruttare l'esperienza di dirigente maturata in Olanda anche all'Egizio? E come? "Sì e con tutta la Comunità scientifica internazionale. Ho già definito con i curatori un piano di ricerca che includerà atenei stranieri al fine di pubblicare varie parti della nostra collezione tuttora inedite".

A conclusione del 2014 e sulla scorta del suo caso, ha visto aumentare il grado di attrattività dell'Italia per i giovani capaci?  "Rispondo con ciò che conosco. Abbiamo appena assunto un egittologo belga, che ha lavorato a Mannheim in Germania e al Met di New York. Quindi un giovane straniero che viene da noi. Questo è ciò che intendo quando dico che vorrei l'Egizio diventasse un polo di ricerca attrattivo a livello mondiale, rendendo attuale il detto di Champollion: 'la via per Tebe e Menfi passa da Torino'. E' da troppo tempo che non passa di qui, voglio fare in modo che ritorni".