Mostra del Cinema: la macchina per l'eutanasia, commedia nera a Venezia

In concorso nelle Giornate degli Autori un piccolo film israelo-tedesco: 'The Farewell Party' di Sharon Maymon e Tal Granit

Sharon Maymon e Tal Granit, registi di 'The farewell party' (Olycom)

Sharon Maymon e Tal Granit, registi di 'The farewell party' (Olycom)

Venezia, 29 agosto 2014 - Nella mostra del cinema che si prepara ad accogliere ben due Al Pacino, al Lido con 'The Humbling' di Barry Levinson e 'Manglehorn' di David Gordon Green, si fa strada un piccolo film israelo-tedesco, per il quale al contrario del divo americano non si prevedono red carpet incendiari. Si tratta di 'Mita Tova' ('The Farewell Party') di Sharon Maymon e Tal Granit, sul tema dell’eutanasia

Ambientata a Gerusalemme, è una piccola storia, una goccia nel mare, rispetto a un problema che scuote le coscienze di tutti. Un gruppo di amici decide di costruire una macchina che procura la morte, per aiutare a compiere il passo estremo a un amico malato terminale. La voce si sparge e molte altre persone vorrebbero usufruire dei servigi prestati dalla macchina e per questo interpellano l’équipe di amici, i quali sono totalmente impreparati a gestire una richiesta di quella portata. 

Il film, in concorso nelle Giornate degli Autori, è di piccolo budget, ma coltiva grandi ideali. Primo fra tutti, quello di far riflettere su un dilemma etico che non troverà mai facile soluzione. Siamo a Gerusalemme, ma la questione della dolce morte, come viene chiamata, attiene qualsiasi cultura e paese civile. In questo caso specifico, il marchingegno messo in atto dall’intraprendente inventore del gruppo di amici vegliardi, lo assolve da ripercussioni famigliari future, dal momento che la macchina è concepita in modo che sia il malato stesso, tramite pulsante, a darsi la morte. 

Sembra una tragedia, lo è nei contenuti ma non nello stile. La coppia di registi, molto applaudita in sala Perla, ha optato per il registro della commedia nera, pensando azzardiamo noi che la vita e la morte, in senso assoluto, non siano avvicinabili dalle umane cose se non tramite l’ironia. Le freddure. Di cui è anche – furbescamente – costellata l’opera. Una scena per tutte: la cinepresa che chiude l’inquadratura sulle rotelle che si muovono lente, ritmicamente, azionando la pompa del liquido che deciderà della sorte del malato. 

Le reazioni dei pazienti sono tutte diverse, compresa quella che incarna il buon senso, potremmo dire, cioè Levana. La moglie dell’inventore, nella quale ravvisiamo i primi segni della demenza, rimprovera il marito, ma decide di inoltrarsi in un percorso personale e sincero, che la condurrà se non a una risoluzione morale, a capire sempre di più le ragioni degli altri esseri umani, sofferenti, accanto a lei. Ironia yiddish mescolata a humor teutonico. Esiste? Massì.