Venezia: la bara di Chaplin e due balordi, la commedia triste di Beauvois / VOTO 6 e 1/2

In Concorso alla Mostra del cinema il film francese 'Il prezzo della gloria'

Mostra del Cinema di Venezia: Nadine Labaki presenta 'Il prezzo della gloria' (Afp)

Mostra del Cinema di Venezia: Nadine Labaki presenta 'Il prezzo della gloria' (Afp)

Venezia, 28 agosto2014 - E’ possibile rubare una salma, chiederne il riscatto alla famiglia e restare innocenti? Sì, se a guidare l’azione è l’imperizia e la dabbenaggine tipiche di due anime semplici, ma soprattutto se la famiglia è quella dei Chaplin e il film che racconta la vicenda (per metà vera e per metà affabulata) si tiene in bilico tra la commedia e il dramma, rincorrendo lo spirito che fu delle comiche di Charlot. Beauvois è un regista francese del profondo nord, molta nebbia e umori in chiaroscuro, abituato a raccontare la crudezza della vita e talvolta persino il martirio ('Uomini di Dio') sicché ci si domanda cosa lo abbia spinto a battere una strada che avrebbe impensierito anche il più brillante degli sgamati sceneggiatori hollywoodiani. 

Siamo a Vevey è il Natale del 1977 e la notizia della morte di Chaplin risveglia persino l’addormentata Svizzera che da molti anni ospita la famiglia Chaplin. In roulotte scalcagnate, ai margini del paese, vivono un operaio algerino (Roschdy Zem) e uno scioperato belga appena uscito di prigione (Benoît Poelvoorde, straordinario talento che molti ricorderanno come Bruto nei vari 'Asterix'). All’algerino mancano i soldi per poter fare operare la moglie degente in ospedale, al belga non manca una fantasia sfrenata: il colpo è congegnato e persino ben condotto. La bara è sottratta e sepolta in un campo ma la gestione del rapimento è bislacca: la goffaggine si scontra con l’aplomb inglese ma là dove ci si aspetterebbe il sapiente uso dei meccanismi comici il congegno s’inceppa lasciando lo spettatore interdetto.

Il 'prezzo della gloria' vuol essere un omaggio a Chaplin come dimostra l’intrusione del circo che permette a Poelvoorde di esercitare l’arte del clown e come conferma l’arringa finale dell’avvocato che ricalca lo spirito di celebri sequenze chapliniane ma l’ombra di colui che ha inventato il cinema non ha protetto fino in fondo Beauvois: lo ha piuttosto lasciato solo con i suoi fantasmi concedendogli appena l’uso delle musiche, sempre emozionanti, di 'Luci della ribalta'. Non si potrà dire che 'Il prezzo della gloria' sia un film riuscito, in cambio possiede il fascio dei tentativi generosi, un po’ folli, fuori norma che vengono apprezzati da chi ama veramente il cinema, senza pregiudizi.

VOTO 6 e 1/2