Il bel Kevin diventa cattivissimo. "Così resterò nella vostra memoria"

In “Criminal” gli vengono impiantati i ricordi di un agente della Cia

Kevin Costner (OlycoM)

Kevin Costner (OlycoM)

ROMA, 9 APRILE 2016 - SONO PASSATI ventisei anni da quando cavalcava fiero e affascinante in ‘Balla coi lupi’. Ma ancora oggi, a 61 anni, Kevin Costner conserva quel fisico prestante e quel fascino da seduttore. Come fa? Tutto merito, a suo dire, del mestiere di padre. Primo figlio a 22 anni, e da allora sempre a correre dietro ai pargoli, ora in tutto sette. Un po’ il contrario del personaggio che interpreta in ‘Criminal’, regia di Ariel Vromen (dal 13 aprile al cinema): un efferato ergastolano di nome Jericho a cui viene impiantata la memoria di un agente della Cia ucciso, per sventare un attacco terroristico. Così Jericho, attraverso i ricordi dell’agente Bill, sposato e padre di una bambina, scopre per la prima volta emozioni e affetti. Nel film, anche Gary Oldman e Tommy Lee Jones.

Costner, come mai ha scelto di interpretare un cattivo?

«Faccio cinema perché spero di lasciare una traccia duratura nella memoria delle persone. Tutti noi, nel corso della vita, abbiamo visto film che ci hanno particolarmente toccato e che magari, da ragazzini, ci hanno insegnato a baciare. E penso che questo Jericho verrà ricordato».

Nel film si immagina di trasferire la memoria da una persona ad un’altra. Secondo lei è tutto lecito nel nome del progresso scientifico?

«C’è chi sostiene che non si dovrebbe andare ad agire anche sulla memoria. Ma io penso che la scienza rappresenti la nostra migliore opportunità per contrastare certe malattie. Mi dispiacerebbe se un giorno i miei genitori non mi riconoscessero più, così come sarebbe terribile se non ricordassi più il nome dei miei figli. Il ricordo dei luoghi dove siamo stati, delle persone a cui abbiamo voluto bene, fanno parte della nostra vita. I ricordi sono il cuscino su cui ci adagiamo ogni sera».

Il chirurgo dice a Jericho che senza emozioni, la vita non ha senso. Lei cosa ne pensa?

«Quando amiamo, corriamo un grande rischio, perché sappiamo che un giorno potremo perdere quella persona amata. Ma credo che sia di gran lunga meglio amare, anche se per questo, soffriremo».

Se fosse possibile, di chi le piacerebbe ricevere la memoria?

«Mi piacerebbe entrare nella testa di mia moglie, perché a volte non riesco proprio a capacitarmi di cosa ha appena detto o fatto. Forse la vostra vita è perfetta, la mia no».

Come ha costruito il personaggio?

«Sono partito dall’aspetto: taglio dei capelli, cicatrici sulla testa un po’ alla Frankestein. Mi ha molto aiutato il truccatore italiano Mario Michisanti, mio carissimo amico. Lo porto sempre con me, sia durante i tour promozionali come questo sia durante la realizzazione dei film».

C’è un ricordo che vorrebbe cancellare?

«La mia vita è come quella di tutti, a parte la fama. E come tutti, ho commesso degli errori. Ma fanno parte di ciò che sono, come i successi. Non vivo nel rimorso e semplicemente cerco di non ripeterli».

Il film parla di un tema molto attuale, il terrorismo internazionale.

«Sono molto arrabbiato. Siamo tutti confusi e non so dire cosa bisognerebbe fare. Ma cosa sta succedendo nel mondo?».