Counting Crows, l'orgoglio rock di San Francisco

Il batterista Jim Bogios: "Scegliamo il repertorio del concerto poco prima di salire sul palco"

I Counting Crows (foto Danny Clinch)

I Counting Crows (foto Danny Clinch)

 

Pistoia, 2 luglio 2015  _ Non sono i Creedence, d'accordo. E nemmeno la Holding Company di Janis Joplin. Ma i Counting Crows sono una formazione californiana autentica con un rock senza fronzoli e di grande sostanza. Il gruppo, di cui è leader il cantante Adam Duritz, è venuto in Italia per tre date (Gardone Riviera, Pistoia e Roma). In occasione della tappa pistoiese per il festival Blues, incontriamo il batterista Jim Bogios che ci racconta le principali caratteristiche del suono della band e della sua attività. "Facciamo di tutto per venire nel vostro Paese _ spiega Bogios _ così da poter apprezzare il cibo e le città. Pensi che ho fatto il viaggio di nozze durante alcuni giorni liberi di un tour italiano"

Vivere e suonare a San Francisco deve essere stimolante, ma un musicista di quella città deve fare i conti con ciò che nacque negli anni '60 e '70, a partire dalla Summer of Love...

"Sono molto orgoglioso di questa eredità e sono convinto anche di parlare per gli altri. San Francisco è una città in cui la musica è protagonista. Ho passato i miei anni giovanili passando da un club all'altro, incontrando musicisti e facendo amicizia con tante persone. Certo, la musica di chi è venuto prima non poteva non influenzarci, ma abbiamo fatto la nostra strada. Oggi purtroppo la città risente di un po' di crisi, ma per me resta fondamentale venire da lì".

Continuate a fare dischi, come lavorate a un nuovo brano?

"Le idee sono principalmente quelle di Adam, ma quando arriviamo a provare i nuovi brani non c'è uno spartito già pronto. Piuttosto una melodica e una traccia sulle quali poi partono altre idee di tutto il gruppo. Dopo varie prove arriviamo al punto di essere soddisfatti solo quando pensiamo che il pubblico che ci viene ad ascoltare lo possa essere a sua volta"

Quale è la sua dimensione preferita: quella del disco o quella dal vivo?

"A me piace molto il lavoro in studio. La registrazione, le operazioni successive fanno in modo che un brano prenda forma e quando è tutto concluso ho un senso di grande soddisfazione. Mi sento come un falegname che costruisce un bel mobile. Ma non posso non pensare alla gioia di suonare davanti al pubblico, all'emozione prima di salire sul palco e alla partecipazione di tutti mentre eseguiamo i brani". 

Cosa proponete maggiormente al pubblico: i successi che vi hanno caratterizzato o un repertorio più recente?

"Di solito tendiamo a prendere due o tre canzoni da ogni disco. Però siamo una formazione che decide tutto prima di andare in scena, mettendo nel panico i nostri tecnici che dovranno poi sistemare tutto sul palco in base alla scaletta. Però abbiamo un repertorio talmente vasto che per noi è difficile selezionare il materiale. Suoneremmo per ore, come è caratteristica di una band californiana che si rispetti".

Michele Manzotti