Mercoledì 24 Aprile 2024

Bova e l'ex suocera in tribunale per la lettera al "genero degenere". Lui: "Mi ha diffamato"

Durante la prima udienza davanti al gup di Monza il giudice di Monza Pierangela Renda ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania, perché la prima copia del quotidiano quel giorno uscì dalla tipografia della città siciliana

Raoul Bova, Annamaria Bernardini De Pace (Radaelli; LaPresse)

Raoul Bova, Annamaria Bernardini De Pace (Radaelli; LaPresse)

Milano, 7 ottobre 2015 - "Caro genero degenerato"... Iniziava così la lettera di Annamaria Bernardini de Pace, avvocato matrimonialista ed ex suocera di Raoul Bova, pubblicata sul Giornale l'11 agosto 2014. Una lettera generica, di fantasia, dice la Bernardini, ma è ovvio che l'ex genero, fresco di divorzio da Chiara Giordano, si sia sentito tirato in ballo. E offeso. Soprattutto quando l'ex suocera arrrivava a dire amenità del tipo: "La tua forza, anche sessuale, dura per il tempo di uno spot". Raoul Bova ha così deciso di querelarla per diffamazione - indagato anche il direttore Alessandro Sallusti per omesso controllo sull'articolo pubblicato - ed oggi si è aperto il processo davanti al gup di Monza, che ha deciso di trasmettere per competenza territoriale gli atti a Catania.

Il pm di Monza Walter Mapelli, infatti, nei mesi scorsi, dopo il deposito della querela da parte del legale di Bova, l'avvocato Dario Buzzelli, ha chiesto il rinvio a giudizio per Bernardini de Pace. La matrimonialista, assistita dal legale Davide Steccanella, deve rispondere di diffamazione perché avrebbe offeso "la reputazione del proprio genero" con alcune frasi contenute nell'articolo tra cui "sei anche un uomo interessato e manipolatore, ambivalente e in mala fede... non hai fegato né cuore, mio caro genero o degenero per meglio dire". Secondo la difesa, invece, quella lettera-articolo non era affatto indirizzata a Bova, ma ad un genero 'di fantasia'. Oggi, però, nell'udienza preliminare il giudice di Monza Pierangela Renda ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania, perché la prima copia del quotidiano quel giorno uscì dalla tipografia della città siciliana.