Bossetti condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara

La sentenza è arrivata dopo oltre dieci ore di camera di consiglio. la madre della vittima: "Ora sappiamo chi è stato"

Massimo Bossetti in aula (Ansa)

Massimo Bossetti in aula (Ansa)

Bergamo, 1 luglio 2016 - Massimo Bossetti è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio. I giudici gli hanno anche tolto la potestà genitoriale, mentre lo hanno assolto dall'accusa di calunnia ("perché il fatto non sussiste") ai danni di un collega verso il quale, secondo l'accusa, avrebbe cercato di indirizzare le indagini. La corte inoltre non ha applicato l'isolamento diurno per sei mesi chiesto, unitamente all'ergastolo, dal pm Letizia Ruggeri. "Ora sappiamo chi è stato, anche se siamo consapevoli che Yara non ce la riporterà indietro nessuno", ha detto ai suoi legali la madre di Yara, Maura, subito dopo la lettura della sentenza. Secondo quanto riferito dai legali della famiglia, gli avvocati Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, i genitori della ragazzina non hanno mai avuto "dubbi sulla colpevolezza" di Bossetti.

Il 45enne imputato ha assistito impassibile alla lettura della sentenza, giunta dopo oltre dieci ore di camera di consiglio, limitandosi a dire "non è giusto. Non è possibile, è allucinante, non sono stato io". "È stata una mazzata grossissima, avevo fiducia nella giustizia", ha detto poi ai suoi legali. Parole simili a quelle dette questa mattina quando, nel corso delle dichiarazioni spontanee, l'uomo ha lanciato un accorato appello ai giudici della corte d'assise di Bergamo, presieduta da Antonella Bertoja, di ripetere l'esame del Dna. "Sarò anche stupido, un ignorantone, un cretino, ma non sono un assassino; questo sia chiaro a tutti", ha affermato il muratore di Mapello. "Quel Dna non è mio, vi imploro, ripetete il test - ha aggiunto -. Se fossi davvero l'assassino sarei un pazzo a dirvi di ripetere l'esame del Dna, quando mai un imputato richiede di rifare la prova se sa che l'esito riporterebbe a lui?". 

Soddisfazione è stata espressa dalla procura di Bergamo. "Siamo arrivati a metà strada nel senso che questa è una sentenza di primo grado, è stata un'inchiesta difficile e la collega Ruggeri è stata fantastica", ha detto il procuratore Massimo Meroni sottolienando come la prova del Dna sia stata "decisiva". "Non è una sentenza definitiva, è il primo step di una battaglia lunghissima. Certamente faremo ricorso", ha invece commentato l'avvocato Paolo Camporini, uno dei legali di Bossetti.

E fuori dall'aula, intanto, c'è stato il lungo e commosso abbraccio tra la moglie di Bossetti, Marita Comi (rimasta invece impassibile alla lettura della sentenza), e la sorella gemella del muratore Laura Letizia. "Fatti forza", ha sussurrato quest'ultima alla cognata mentre entrambe piangevano.

Tanta era comunque l'attesa per l'esito del processo di questa vicenda cominciata il 26 novembre 2010 con la scomparsa della ragazzina a Brembate di Sopra, ritrovata poi morta tre mesi dopo in un campo a Chignolo d'Isola, una decina di chilometri dal Comune da cui era sparita. A inchiodare Bossetti - come ha appunto sottolineato la procura - è stato il Dna trovato sugli slip e sui leggings di Yara. Attraverso questo gli esperti del Ris sono risaliti prima a Ignoto 1,in seguito identificato come l'autista di autobus scomparso nel 1999 Giuseppe Guerinoni. Il suo Dna combaciava con quello di l'imputato, che sarebbe nato da una relazione extraconiugale tra Guerinoni e la madre di Bossetti, Ester Arzuffi (che però l'ha sempre negata).