Boris Johnson, il populista ha le gambe corte

Dopo tante bugie ora frena: "Che fretta c'è di uscire dalla Ue?". La realtà è più dura dei sogni

Boris Johnson, 52 anni, è stato sindaco di Londra per 8 anni (Afp)

Boris Johnson, 52 anni, è stato sindaco di Londra per 8 anni (Afp)

DURANTE la trasmissione Good Morning Britain, venerdì scorso il leader del partito anti-europeo Ukip, Farage, ha messo in scena la sconcertante rappresentazione dell’inganno come normale strumento di campagna referendaria. Interrogato dalla giornalista sulla promessa che i 350 milioni di sterline dell’Ue sarebbero andati al servizio sanitario nazionale, ha ammesso che non sarebbe stato così e che quella promessa, centrale nella campagna, era stata un errore. Difficile immaginare un esempio più evidente di un comportamento irresponsabile e fraudolento. Ma è più responsabile l’ex sindaco conservatore di Londra, il carismatico Boris Johnson?

Uomo colto e popolare, saggista, autore di una biografia di Churchill, Johnson ha scelto di sostenere l’uscita del Regno Unito dall’Unione in febbraio, cogliendo di sorpresa il suo antico compagno di studi a Eton e Oxford Cameron. Ma Cameron si poneva ormai come ostacolo all’ambizione di Johnson di conquistare il partito e Downing Street.

E QUANDO l’ambizione e l’autostima sono grandi (il popolare Boris, nella biografia dedicata a Churchill, non ha esitato a tracciare un parallelo tra lui e il grande statista) si può passare sopra a tutto, comprese le convinzioni – sempre che sul punto Johnson ne avesse – e la lealtà. Ma si può passare sopra anche al dovere di parlare in modo responsabile ai cittadini. L’ex sindaco di Londra non ha esitato a giocare col fuoco dell’exit, a far ricorso ad argomentazioni inqualificabili, come il parallelo tra l’Unione europea e i tentativi di unificare l’Europa di Hitler, ed oggi, sempre di fronte all’opinione pubblica, minimizza e prende tempo. Ha bisogno di tempo per preparare la sua ascesa e giudica opportuno smorzare le paure, anche se per far questo deve mentire, ovvero promettere che con la Brexit non saranno toccati i diritti dei cittadini britannici, che in realtà dipenderanno da futuri accordi dall’esito incerto.

È QUESTA ormai la cifra vincente di leader e aspiranti leader? Dei partiti populisti e di quelli, come Johnson, che si muovono dentro ai partiti tradizionali? Ovvero, per rimanere sulla cresta dell’onda è necessario saper surfare sul mare delle opinioni e giocare con timori, paure e capricci ora titillandoli, ora sedandoli, prescindendo dai dati di realtà? In un’intervista al Messaggero , un ex capo della comunicazione di Johnson (Guto Harry) ha sostenuto che ormai è difficile battere la leadership di questo venditore di sogni.

I CAPI di governo che si riuniscono in queste ore sembrano preoccupati di mandare i ‘messaggi giusti’. Mentre populisti vari, come i nostri Salvini e Meloni e la vicina Le Pen, eccitati dal risultato britannico promettono meraviglie grazie alla liberazione dal giogo europeo: loro sono ancora nella parte ascendente dell’onda. Forse più preoccupati di non cadere dalla tavola, con la possibilità di giungere al governo che piano piano assume contorni sempre più concreti, nel Movimento 5 Stelle, dopo varie giravolte su permanenza in zona euro e Ue, la posizione post-Brexit è diventata quella di un’Unione che va cambiata dall’interno: tempo di moderatismo.

IL BLUFF sembra ormai al centro dell’azione politica di populisti e non solo e, come nelle ore successive all’annuncio della vittoria del leave, diventa spesso scoperto. C’è da chiedersi che ne è delle opinioni pubbliche e dei media. Consola che, volgendo lo sguardo alle elezioni spagnole di due giorni fa, dove Podemos non ha realizzato il sorpasso sui socialisti, si ha l’impressione che, perlomeno le prime, ogni tanto si sveglino.