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La Ferrari (di Seb e Marchionne) dopo MonzaLeo Turrini - 5 settembre 2017

Ho pensato fosse meglio lasciar cadere la polvere.

Queste sono le mie riflessioni post Monza.

  1. Dubito che qualcuno tra voi sia stato fisicamente presente a Jerez in quella famigerata domenica del 1997, autunno 1997. Ecco, quando un ferrarista vero passa sotto quella forca caudina, beh, ‘dopo’ si rende conto di cosa voglia dire essere innamorato della Rossa. Forever.
  2. In breve. Descrivere come una catastrofe biblica il Gran Premio d’Italia del 2017 significa avere smarrito il senso delle proporzioni.
  3. Se sei stato a Jerez nel 1997, capisci perchè Enzo Ferrari intitolò la sua autobiografia ‘Le mie gioie terribili’. Non esistono vittorie ‘facili’ per il Cavallino, la Ferrari non è il Real Madrid o la Juventus o il Bayern Monaco nel calcio delle rispettive nazioni. La Ferrari è un tormento dell’anima, è una categoria dello spirito e quindi non c’entra una beata mazza con la Mercedes o con la Red Bull eccetera.
  4. Ciò premesso, prima di Spa avevo scritto che se Vettel tra Belgio e Italia avesse raccolto 33 punti sarei stato contento. L’ho già ricordato e mi ripeto non per vanagloria. Non è che io ne capisca più di altri, io semplicemente ne capisco (e qui anche i miei detrattori ammetteranno che si tratta di un delizioso capolavoro di autoironia, essendo conclamata la mia assoluta ignoranza in materia Formula Uno).
  5. E veniamo al senso di delusione post Monza. Ci sta tutto, perchè soprattutto dopo le Ardenne ci eravamo illusi che un equilibrio prestazionale fosse stato raggiunto su qualunque tipo di circuito. Ora sappiamo che non era vero.
  6. La vera domanda però è un’altra. E’ stata, come mi auguro con tutto il cuore e come mi pare Vettel stia pensando, soltanto una eccezione che conferma la regola (dell’equilibrio)? Il dubbio ce lo toglieremo presto, con le tre gare asiatiche.
  7. L’ottimismo di Seb probabilmente poggia sulla consapevolezza che a Monza sono stati commessi errori strategici (penso all’assetto, ma non solo) che hanno esasperato le proporzioni della sconfitta. E’ fondamentale, se così stanno le cose, averne compreso il motivo. A Maranello non sono disperati e nemmeno rassegnati, se può interessare.
  8. Ci sarebbe poi da approfondire l’esternazione presidenziale. Sergio Marchionne è fatto così. Non lo scopriamo oggi. Ha un suo stile, che fa molto stiletto. Io suppongo volesse dare voce alla frustrazione di milioni di ferraristi, banalizzando un concetto che suona: non siamo questi, abbiamo sbagliato, reagiremo subito, la Mercedes mi sta sui cocones.
  9. Un uomo di carattere ha sempre un brutto carattere (copyright Indro Montanelli). E’ fuori discussione che, nello stesso contesto, Montezemolo avrebbe usato un altro linguaggio. E non solo LCDM. Per essere chiaro fino in fondo: fossi io il presidente della Ferrari (eh eh eh), con un microfono sotto il naso mentre Hamilton e Bottas fanno quel giro in parata avrei detto “mi dispiace per i nostri tifosi, non siamo stati all’altezza della situazione, è stato un brutto week end ma ho piena fiducia nel gruppo che ci ha restituito l’emozione di una Rossa in lotta per il mondiale, non siamo all’ultimo round e ancora non ho sentito la campana”. Io mi sarei espresso così e infatti non sarò mai il presidente della Ferrari.
  10. Chiudo riallacciandomi alla considerazione di partenza. A un ferrarista vero procura enorme fastidio il sospetto che questo campionato lo possa vincere Hamilton, ma è una ipotesi persino normale. La cosa grande è essere lì a lottare, provarci fino all’ultima corsa, come nel 1997 di Jerez o come nel 1998 o nel 1999. Le nostre gioie terribili non sono finite e io sto invecchiando però, “eh già, eh già, io sono ancora qua…”