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A Silverstone, 40 anni dopo GillesLeo Turrini - 11 luglio 2017

Prendiamoci un attimo di respiro.

Può darsi, come viene ipotizzato qua e là, che Silverstone non abbia futuro, sulla mappa della F1.

Può darsi che il Gp d’Inghilterra, in avvenire, trovi ospitalità nel centro di Londra.

E perché no?

Puttanata più, puttanata meno.

A me comunque dispiacerebbe.

Silverstone, anche con il lifting, è la storia dell’automobilismo.

Ci sono stato talmente tante volte da aver perso il conto.

In compenso, nel 1977 non c’ero.

Too Young.

Peccato, eh.

Nella edizione di quaranta anni fa fece la sua apparizione nel cielo dei Gran Premi la cometa Gilles Villeneuve.

Guidava una McLaren non ufficiale.

Fu il più veloce nelle prequalifiche.

Nelle qualifiche ottenne il nono tempo.

La gara la vinse James Hunt ma Gilles, undicesimo e doppiato, conquistò la stima di tanti.

Un meccanico di Lauda, il mio amico caro Cicci Gambareli, tornato a casa dall’Inghilterra mi racconto che quel canadese piccolo e strano, dal curioso cognome, era stato danneggiato dal fatto che una biro era caduta dal taschino di un tecnico McLaren in non so quale serbatoio, mettendo in difficoltà il pilota debuttante. Che però aveva reagito alla grandissima.

Chissà, forse era una leggenda metropolitana, la storia della biro.

Però è vero che Forghieri tornò da Silverstone e disse a Ferrari, che già temeva l’imminente addio di Lauda: commendatore, ci sarebbe un tizio da tenere d’occhio.

Il Vecchio si fece raccontare la rava e la fava e poi gelò il mitico Furia così: sarà mica quel tipo delle motoslitte di cui mi ha parlato Chris Amon?

Era lui davvero.

Il resto è leggenda, anche triste. Ho recuperato qui l’aneddoto perché, senza bisogno di censimenti anagrafici, mi scorta la convinzione che chi ama la Formula Uno alla mia maniera o ha ‘vissuto’ Gilles o se l’è studiato su YouTube.