1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 16 e 1, 18…

A dire 17, Vituzzu proprio non ce la faceva. Sfurtuna quel numero portava. E di fargli cambiare idea verso non c’era. Vituzzu contava, in quel secolo lontano. 1, 2, 3, 4. Stretto nella tunica, sotto il palmento, in bilico sul bordo del tino raccoglieva il mosto a mestolate. 5, 6, 7, 8, 9. Ogni tanto si fermava a pensare, ma non troppo perché pensare porta tristizza.

10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 … Si bloccò un istante per rileggere la scritta sul legno che lui stesso aveva inciso: “Annita ti amo”. Ma Annita se n’era andata. Quanti mesi era durata? 16. No: 16 e 1. Vituzzu contava: i giorni che furono felici e quelli che non lo sarebbero più stati. Ogni mestolo un giorno. O un mese. O un anno. E il mosto dall’alto non finiva più di colare: il palmento sopra di lui, vasca ricolma di lacrime scure, era in discesa, al contrario della sua vita. E più il mestolo nel tino affondava, più Vituzzu ricordava: Sciacca era in festa, e si ballava e brindava. Lo straniero arrivò a cavallo, anche lui alzò la coppa, ma a se stesso. Vituzzu mai seppe il suo nome. Ma non fu in errore nel chiamarlo Sfurtuna. Perché lo straniero si portò via la sua Annita. E con la tristizza lo lasciò solo a fare i conti. 18, 19, 20, 21…

Ma non si può calcolare l’eternità. Anche se questa è una storia di tanto tempo fa. E nemmeno misurare la speranza. Che arrivò un giorno dal numero imprecisato. Quando Vituzzu non se l’aspettava, visto che sulla puntualità dell’amore non si può mai contare. Accade tutto appena la vide: da sotto in su, lui accanto al tino, lei di sopra, ritta sul palmento a pigiare l’uva, la veste rimboccata per non sporcarla oltre il decente, le gambe nude oltre il pudore. Vituzzu colse al volo il nome gridato da chi la chiamava, estrasse il pugnale, scelse una parte di legno intonsa e incise: “Rusidda ti amo”. E nella speranza che non troppo tempo passasse prima di poterlo direttamente a lei dichiarare, Vituzzu, mestolata dopo mestolata, ricominciò a contare:

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 16 e 1…  

                      Gianluigi Schiavon