NESSUNO dica che è stato solo uno sfogo su Facebook, la piazza virtuale dove ognuno vomita le sue nefandezze e tutto è permesso. Poco importa se il post era visibile ai soli amici, basta un mozzicone di sigaretta acceso per scatenare un incendio. E chissenefrega se in tanti hanno pensato la stessa cosa del parroco di Bologna che ha stigmatizzato una 17enne vittima di stupro per mano di un magrebino dopo una notte alcolica.

LE SCUSANTI non reggono, a maggior ragione per un prete, di per sé chiamato più degli altri (anche questo implica il sacramento dell’ordine) a dare il buon esempio. Non a confezionare post intrisi di luoghi comuni sugli stranieri e a sputtanare, per giunta con un impareggiabile linguaggio da trivio, una giovane evidentemente fragile. Le pecorelle smarrite si vanno a cercare fuori dal recinto, non le si umiliano in pubblico, tra l’altro senza averle mai conosciute. Lo dice il Vangelo che si ascolta ogni domenica a messa.

NON CI INTERESSA  il moralismo d’accatto. Sbagliare si può, lo fanno gli atei, ci cascano anche i cristiani, pure i preti. E lei, don Lorenzo Guidotti, stavolta è uscito dal seminato. Prendiamo atto delle scuse che ha messo nero su bianco. Dice che non voleva offendere quella ragazzina, che prova pietà anche per lei, che il suo era un ragionamento sul piano generale. È un primo passo, non sta a noi giudicare se sia autentico o spinto piuttosto dalla urgenza di uscire dall’angolo.

CI LIMITIAMO a sperare in un finale ulteriore, con lei, don Guidotti, per un periodo lontano dalla parrocchia. Quel tanto che basta per riflettere a mente fredda sull’accaduto, per fare quattro chiacchiere con qualche sopravvissuto ai marosi del Mediterraneo, per andare incontro a quella ragazzina che ha umiliato. L’abbracci, l’ascolti, le parli. L’amore universale, è una delle lezioni di don Lorenzo Milani, è autentico solo se ci si prende cura sul serio di qualcuno in particolare. Altrimenti va rifiutato. A lui il destino diede trenta ragazzini nel non luogo di Barbiana, a lei una diciassettenne in crisi stuprata in un vagone della stazione.

Giovanni  Panettiere