Una coppia lesbica durante il Gay Pride

“LA FAMIGLIA CAMBIA, LEGGE IN RITARDO”. IL GIUDICE CAVALLO: I BAMBINI PRIMA DI TUTTO

Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 4 giugno 2016

«QUESTO è un caso di sottrazione internazionale di minore disciplinato dalla Convenzione de L’Aja del 1980. Il fatto che le protagoniste della disputa siano due ex conviventi è irrilevante». Per quarant’anni da giudice ha difeso l’infanzia violata, ora da qualche mese Melita Cavallo, presidente emerito del Tribunale per i minorenni di Roma, si gode la pensione. Un meritato riposo che non le impedisce d’intervenire, forte della sua esperienza professionale, su casi di cronaca come quello del ricorso dell’ex compagna di una donna – sono originarie dell’Oceania – trasferitasi in Emilia insieme con una bambina che la giustizia dello Stato straniero ha considerato figlia di entrambe. Nonostante il perdurante vuoto normativo, è stata proprio la Cavallo a riconoscere in Italia, facendo giurisprudenza, l’adozione del figlio della compagna o del compagno in una coppia omosessuale.
La ex, che ha presentato il ricorso, avendo un provvedimento che riconosce anche lei come genitore della piccola, parte in vantaggio?
«Sarebbe rilevante conoscere l’età della bambina, perché se grandicella, ovvero in età di discernimento, potrebbe essere ascoltata, rendendo così possibile comprendere se aveva o meno un rapporto significativo con la compagna della madre, cioè con la mamma sociale. Certo è che la ricorrente può vantare a suo favore un provvedimento del tribunale del Paese d’origine che riconosce anche a lei la responsabilità genitoriale sulla minore. Da ciò discende che avrebbe dovuto consentire al trasferimento della piccola in Italia, cosa che evidentemente non è avvenuta. Il nostro ordinamento, con legge 173/2015, garantisce la continuità affettiva, cioè il diritto di un bambino a mantenere rapporti con le persone con le quali ha vissuto quotidianamente fino a quando è stato strappato dal contesto familiare e sociale in cui stava crescendo. Di questo i giudici dovranno tenere conto».
Se avessimo una normativa ad hoc sulla genitorialità omosessuale sarebbe tutto più facile, in primis per i magistrati.
«Avremmo potuto averla, ma il governo ha preferito stralciare dal testo sulle unioni civili le disposizioni sull’adozione del compagno o della compagna in una relazione omosessuale. Il vuoto normativo c’è, non si può negare».
Eppure lei, avvalendosi delle disposizioni sui casi particolari della legge sulle adozioni, la 184/83, ha riconosciuto questo diritto anche a partner di coppie dello stesso sesso.
«Sì, il Tribunale per i minorenni di Roma si è pronunziato non una sola volta, ma in più di dieci casi, se ben ricordo. L’articolo 44, alla lettera d, consente, infatti, l’adozione a chi ha un rapporto stabile e duraturo continuativo con il bambino, sempre che il genitore biologico consenta all’adozione».
Le sue sono state interpretazioni estensive della legge?
«La famiglia dagli anni ’80 a oggi è cambiata molto e così, mentre per quasi trenta anni la legge 184 è stata applicata in favore di persone singole o di coppie non coniugate, non c’era motivo alcuno per impedirne l’applicazione alla coppia omosessuale, nel pieno rispetto degli articoli 2 e 3 della Costituzione. Se il bambino cresce bene, in un ambiente sano, non vedo quali possono essere le preclusioni».
Una parte del paese crede che per un piccolo sia sempre meglio avere un padre e una madre.
«La maternità e la paternità si costruiscono nella relazione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ripetutamente affermato che l’adozione alla madre sociale del figlio della compagna è legittima e che l’adozione del figlio del compagno attraverso la gestazione per altri, se effettuata in un paese ove tale pratica è consentita, non può non essere riconosciuta nel territorio dello Stato che ha firmato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Giovanni Panettiere

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