IN FRANCIA, quando hanno scoperto che il 61% degli under 35 (ma anche tanti 60enni) guidano utilizzando il cellulare, hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione contro tale abuso e bombardato il Paese con uno spot spietato. Un papà porta il figlio a scuola e si mette al volante. Il bimbo vuole mostrargli i disegni che ha fatto, ma il papà gli spiega, giustamente, che non può distrarsi mentre guida. Il piccolo ci resta male e insiste, il papà non transige. Un secondo dopo gli arriva però un messaggino al cellulare e lui non resiste, comincia a spulciare il telefonino. Risultato: si schianta contro l’auto che lo precede.
Ecco, il mondo gira così: siamo quasi tutti schiavi della tecnologia. Piccoli e grandi. E ciò che è successo in 36 ore nel Modenese, con quei due poveri ragazzi che ora lottano per restare in vita, è la moderna variante di quella che è diventata una vera e propria emergenza. Anche per i pedoni, non dimentichiamocelo, è pericoloso ascoltare musica dalle cuffiette, mandare messaggini mentre si attraversa la strada, chattare o altro ancora.
Servono nuove leggi? O comunque: cosa bisogna fare?
Di norme, in Italia, ne abbiamo anche troppe e allora serve forse un discorso insieme più grande e banale. Dobbiamo educarci, tutti. Uscire dal tunnel di questa dipendenza sociale. Non ci piace uno Stato che fa il maestrino: meglio un papà, meglio una mamma. Educhiamoci in casa, con i nostri cari. Facciamo magari lezioni a scuola: come non abusare dei messaggini, ad esempio. Perchè se non rispondi subito a un WhatsApp non muore nessuno: rischi di morire tu, invece, se rispondi mentre guidi. O mentre attraversi la strada.