E’ ufficiale. Il Pd, quello di Matteo Renzi, ha imparato a vincere le primarie. Tutti a Milano ricordiamo la clamorosa sconfitta dell’archistar Stefano Boeri e l’inaspettata vittoria arancione dell’attuale sindaco Giuliano Pisapia. Fu movimento popolare, fu anima. Un’anima che oggi appare irrimediabilmente perduta. Non sappiamo se averne nostalgia. Sappiamo però che il commissario Expo Beppe Sala è un buon candidato.

Una bella lezione di democrazia ma anche di successo mediatico, che Silvio Berlusconi non dovrebbe sottovalutare. Non a caso i suoi giovani alleati, Matteo Salvini della Lega e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, da tempo lo pressano chiedendo si facciano consultazioni per scegliere il candidato. Ma così come per le partite nazionali, anche per quelle locali, il Cavaliere conserva ostinatamente un metodo di scelta obsoleto, quasi monarchico, col nome unico deciso nelle segrete stanze del potere.

Eppure anche Grillo docet. Non è più tempo di conservatorismi, non è più tempo di diktat né di assolutismi. E parte della coalizione di centrodestra lo sa bene, che nella corsa verso Palazzo Marino il centrosinistra parte favorito da mesi di tam tam mediatico sulle primarie di coalizione. Chiunque avesse vinto, avrebbe oggi sull’elettorato indeciso un appeal enorme, indotto da apparizioni televisive, dibattiti sia pur polemici, scontri e incontri organizzati nei teatri e nelle piazze. E Sala, anche per meriti personali certo, ma non solo, parte con un enorme vantaggio su chiunque lo sfiderà.