Povera prima della Scala, come ti sei ridotta… Con le signore costrette a dare forfait per comparire sui giornali, e la lista degli assenti sempre più lunga. Invano si aggira tra i palchi il fantasma del bel tempo che fu, rievocato ogni anno con meno convinzione. Nel ridotto dei palchi dove un tempo la meglio società si dava convegno, per ascoltare bella musica ma anche per parlare di politica e di decisioni importanti, nemmeno l’ombra dei ruggenti anni d’oro, quando lo stile regnava sovrano e gli abiti lunghi e sagomati di Capucci o Dior si contendevano i flash dei fotografi.

C’erano una volta Grace Kelly e Sofia Loren, Audrey Hepburn e Vittorio De Sica. Oggi abbiamo la lingerie di Valeria Marini e gli anfibi di Patty Smith. E alcune eroiche protagoniste dei salotti milanesi che resistono, onorando il mito che fu.

Viene da chiedersi perché il festival di Sanremo resista, con i suoi record di ascolti, mentre il simbolo della lirica e di Milano nel mondo debba vivere di appannati ricordi. Sarà forse perché la kermesse della canzone italiana e mamma Rai spendono svariati milioni per invitare star da ogni parte del globo, mentre ormai l’ossessione del controllo dei costi non permette al Piermarini nemmeno di invitare un attore italiano.

Onore al sovrintendente Pereira, anche se ormai è costretto ad andare sotto i ponti. Nel senso che si prepara ad allestire una “Carmen” sotto un cavalcavia milanese, dopo il successo dell’Elisir d’amore cantato a Malpensa. Felicissima la sua scelta di riesumare la dimenticata Giovanna d’Arco, e di far tornare la Scala un po’ italiana col suo Giuseppe Verdi. Poi toccherà anche a Puccini. E ci si preparerà a un altro 7 dicembre senza vip, senza star, senza eleganza. Ma non è meglio abolirla questa prima della Scala, se non ci crediamo più?