A REGGIO CALABRIA i vertici dell’Ordine dei giornalisti hanno celebrato la giornata della libertà di stampa, valore sacrosanto garantito anche dalla nostra Costituzione e dalle leggi in vigore. Anche in questa occasione sono state lanciate accuse nei confronti della classe politica e degli editori che spesso tendono a soffocare quella libertà.
È vero, ci sono oggi tanti condizionamenti, davvero troppi: da una parte la crisi del settore finisce per scaricarsi sul lavoro dei giornalisti costretti a lavorare con troppi vincoli e ingessature, dall’altra i lacci e i laccioli della legislazione (è il caso del capitolo intercettazioni) rischiano di limitare gli spazi di manovra del diritto di cronaca. Per un problema o per l’altro, navighiamo, così, nelle zone basse delle classifiche mondiali sulla libertà di stampa.
Ma allora mi chiedo: cosa è cambiato rispetto ai tempi dei governi Berlusconi quando molti radical-chic, tra un ”editto bulgaro” e l’altro, parlavano di bavaglio alla libertà di stampa? Non è cambiato nulla, anzi la situazione, se vogliamo, è peggiorata. Non solo: l’occupazione mediatica del governo Renzi sui mass media è ora, per certi versi, ancora più ingombrante rispetto ai tempi di Arcore.
E allora? È proprio il caso di dire: come prima, più di prima. Con una variante: se la concentrazione Stampa- Repubblica fosse stata attuata nell’era del centrodestra al potere ci sarebbero stati fuochi e fiamme: oggi è filato tutto via liscio.
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