“Girl in a band”. Non si poteva intitolare altrimenti l’autobiografia di Kim Gordon, la donna nei Sonic Youth, la (ex) moglie di Thurston Moore. Finalmente il libro è arrivato in Italia, grazie alla Minimum Fax (traduzione di Tiziana Lo Porto). E l’autobiografia si rivela catartica per almeno tre motivi. Il primo – non che ce ne fosse bisogno ma lei, Kim, voleva mettere le cose in chiaro – è la resa dei conti con la propria storia che si è intrecciata quasi indissolubilmente con quella dei Sonic Youth (che sono nati nel 1981 col suo futuro marito Thurston Moore e Lee Ranaldo e tre anni dopo lei e Thurston erano già sposi) fino al 2011 (quando tutto si è chiuso irrimediabilmente, anche il matrimonio con Thurston), in cui evidenzia come l’esperienza nella band non possa essere considerata egemonica, e lo si percepisce anche nella narrazione, su quello che lei ha fatto (e anche parecchio) al di fuori del gruppo stesso. Il secondo motivo catartico è certificare – anche se non fa il nome della donna per cui la relazione sentimentale di lei e Thurston è finita – la conclusione di un matrimonio artistico e di vita. Racconta per filo e per segno gli ultimi giorni con Thursto. Ma non è la bramosia del gossip che tiene il lettore attaccato alle pagine, quanto il suo stile secco, preciso e perfino orgoglioso in quella che lei stessa comunque considera una sconfitta. E l’ultimo motivo catartico riguarda Kurt Cobain. Racconta come cantare “Aneurysm”, quando Krist Novoselic e Dave Grohl  (i superstiti dei Nirvana) l’invitarono sul palco per la “Rock’n’roll Hall of fame”, sia stato liberatorio. “Ho cantato «Aneurysm», con il suo ritornello, «Beat me out of me», mettendoci dentro tutta la rabbia e il dolore degli ultimi anni – un’esplosione, quattro minuti di sofferenza, in cui finalmente sono riuscita a liberare la tristezza furiosa per la morte di Kurt e tutto quello che l’ha circondata”. Kim, mai in maniera sguaiata, rivendica (legittimamente) un ruolo fondamentale nella storia dei Sonic Youth. Insomma, non è – dal titolo – una donna in una band. E in certi passaggi della sua autobiografia è anche decisamente esplicita quando spiega come due maschi siano incapaci di confrontarsi tra di loro. E così nella triangolazione artistica il ruolo femminile diventa fondamentale. Certo, a parte un veloce tributo alla prima Madonna, la Veronica Ciccone degli anni ’80, non dimostra di avere grande ammirazione per altre donne rock. Fa praticamente a pezzetti Courtney Love, cui, ai tempi delle Hole, produsse anche un disco. E non risparmia critiche nemmeno a Billy Corgan, leader e uomo-macchina (se si dà credito alla leggenda di “Mellon Collie and Infinite Sadness”) degli Smashing Pumpkins. Alla fine della lettura di questo libro però, l’unica certezza rimane appunto il rapporto con Kurt Cobain. Empatico, come lo descrive nel libro, perché si confrontano due personalità ipersensibili. E il ritratto del leader dei Nirvana, seppure in poche pagine di libro, raggiunge vette d’intimità che nessuno in questi 22 anni dalla sua morte, era mai riuscito a toccare, pur vivendo molto più (della Gordon) vicino a Cobain. Ma d’altronde più che spendere qualche altra decina di parole, basta riguardarsi quell’esibizione “catartica” appunto, in cui la Gordon canta “Aneurysm”. La voce arriva davvero dalle viscere. E non c’è nemmeno per un istante la sensazione che sia solo ed esclusivamente rock.

Kim Gordon

“Girl in a band”

306 pagine, 18 euro

Minimum Fax editore