L’associazione d’idee alla vigilia della notte degli Oscar.
Se davvero dovesse vincere Leonardo DiCaprio non potrò non pensare – e lo faccio già ora in anticipo – a uno dei suoi primi film “The Basketball Diaries” che da noi uscì col titolo tradotto in “Ritorno dal nulla”. Era il 1994 (il ’95 in Italia) e DiCaprio interpretava Jim Carroll, quel Jim Carroll lì, scrittore eccezionale e cantante, e allora sale l’effetto che i novanta, intesi come anni, hanno avuto sulla nostra formazione culturale-musicale-artistica e vengo travolto da quella frase che si è sempre insinuata nei pensieri per la sua bellezza e per la sua efficacia di fronte alla realtà “mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata”. I Massimo Volume la declamarono in “Inverno ’85”, un pezzo tutto giocato sull’ascolto matto e forsennato di “Wicked gravity” di Jim Carroll. E il cerchio dell’associazione d’idee si chiude come d’incanto, perché così conobbi Jim Carroll che ritrovai in “Jim entra nel campo da basket”, edito prima da Frassinelli e anni dopo da Minimum Fax, e che DiCaprio riuscì a cristallizzare. Da par suo.