Non c’erano riusciti nemmeno con Wayne Gretzky. Il ‘Michael Jordan’ del dischetto aveva vestito la casacca dei Los Angeles Kings dal 1988 al 1995, ma senza riuscire a tornare sul tetto del mondo come quando era ad Edmonton (4 le Stanley Cup vinte). Stavolta, invece, la storia è dalla parte dei Kings. Aggrappandosi alle straordinarie parate di Jonathan Quick che si è preso la rivincita – e anche il titolo di miglior giocatore della serie finale – sul rivale Martin Brodeur, è arrivata la Stanley Cup. Lo straordinario estremo difensore dei New Jersey Devils (vincitore per quattro anni del ‘Vezina Trophy’ che incorona il miglior portiere del campionato) niente ha potuto – pur giocando a 40 anni suonati una post season di grande spessore – contro la forza dell’attacco di Los Angeles. Attacco capace di piegare 6-1 i ‘Diavoli’ in gara 6, vincendo così la serie e il titolo per 4-2. Insomma, dopo 45 anni dalla nascita della franchigia, arriva ‘The Trophy’ per la prima volta per la città degli angeli. Ora la metropoli non vive più dei soli trionfi della LA gialloviola, aspettando quelli dei Dodges del proprietario Magic Johnson. Ma quella degli eterni rivali dei Bronx Bombers è però un’altra favola ancora tutta da scrivere. I ‘Re’ dunque si appropriano del trono nonostante un avvio di stagione non certo brillante. A dicembre infatti l’head coach Terry Murray era stato licenziato e al suo posto era arrivato Darryl Sutter. Da quel momento la squadra si è trasformata, rigenerata riuscendo a dare il meglio proprio nei play off. Ecco perchè, come fece Pat Riley, il coach dei Lakers autori del primo repeat (due titoli consecutivi nel 1987 e 1988 dopo vent’anni di tentativi), Sutter si è lasciato sfuggire la fatidica frase: “Sì, possiamo vincere ancora”. Deve essere l’aria – per la verità un po’ inquinata – della down town losangelina. Ma Sutter ci crede davvero…