29 settembre 2017 – Incredibile ma vero: come per il mese di luglio le “Notizie di poesia” di settembre non soltanto registrano un ex aequo, ma perfino un identico ex aequo tra Mario Luzi ed Eugenio Montale! Si tratta di due campioni della nostra poesia novecentesca e che il testa a testa fra due grandissimi prosegua ha un significato! Dunque Luzi e le torri altere (che oggi si ripubblica) e Il girasole di Montale (lo ripubblicheremo domani, seguendo rigorosamente l’ordine alfabetico) alla pari. Dopo di loro, argento, una presenza che non può che farci piacere, persuasi come siamo, e non da ora, della sua assoluta straordinarietà: Emily Dickinson con Emily Dickinson e la speranza. Per suo conto il terzo posto rafforza l’internazionalità delle scelte settembrine, con il portoghese Fernando Pessoa sul podio, molto piaciuto ai nostri lettori con un suo splendido testo che ha dato luogo al post Il Magnificat di Fernando Pessoa.

Tra i vostri commenti luziani segnaliamo quelli di Isola Difederigo, framo e Giacomo Trinci. Rispettivamente: “‘La mente vacilla, l’animo è soverchiato, oppresso. / Si preparano, forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto / agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?’ Pare di risentire il fraseggio dubitativo e interrogativo di ‘Nel magma’, all’ingresso della poesia luziana nel mondo della storia, chiamata d’ora in poi a testimoniare la ‘perenne alterità’ del reale all’insegna dell’angoscia ma anche della pietà. Il Luzi della sua ultima e straordinaria stagione è però anche il poeta capace di abbandoni a fiducie trasfiguranti nel perpetuo avvenimento della grazia, che trasformano torri altere in gigli, il ‘buio sangue’ di una drammatica vicenda umana nel sangue cristico dell’universale fratellanza”; “‘Dopo il crollo e la voragine, dopo lo scempio’ altri crolli, altre voragini, altri e diversificati scempi si sono consumati e si apprestano a consumarsi ai danni degli ultimi edifici dalle fondamenta cadenti di una dimensione umana vistosamente in agonia. Sparati sui nomi dei caduti incisi ai bordi di fontane, fasci incorporei ed esanimi di luce artificiale e altera, a segnalare il perimetro lasciato vuoto delle compiante Towers. Mancano del tutto fioriture di ‘gigli di umana preghiera’; ancora steli ai raggi laser e immagini di luce al neon, inadatte a far sentire l’uomo meno indifeso e solo, a riportarlo da un estraneo e protervo suolo verso un più terso, meno oscurato e inviolato cielo. Caro Luzi, cala la tenebra… ‘luce ed estasi’, ad oggi… per nessuno”; “Meditazione e preghiera intrecciati nella poesia di Mario Luzi, danno il colore il fraseggio così tipico al suo pensiero; la poesia attraversa dantescamente i luoghi del passaggio terrestre e celeste, della naturale vicissitudine umana e storica. L’umana pietas si posa con uno sguardo cosmico sulle vicende della storia, entrando nelle pieghe infere del farsi con la forza sicura del verso e col volo alto e umile della poesia”.

Ma davvero bella anche la testimonianza del bravissimo incisore materano Paolo Pietro Tarasco: “Luzi dai suoi profondi occhi, dalle sue dolci e pacate parole, dai suoi lunghi silenzi di meditazione ed alcune volte di sconforto (ricordo il telegiornale che abbiamo ascoltato insieme a casa sua a Pienza il 21 settembre del 2001, era ancora tutto dedicato all’11 settembre). Immagini strazianti, io ero accanto a lui, eravamo soli. Lui scuoteva lentamente il capo, il volto si rabbuiò all’improvviso ed io, in quei momenti avevo molto imbarazzo nel rivolgergli anche lo sguardo. Pensavo a lui, alla sua sofferenza di un uomo che per una intera vita aveva comunicato al mondo con sublimi parole di speranza e di pace. Il suo sconforto era grande”.

A domani con il vincitore alla pari Eugenio Montale e il suo girasole “impazzito di luce”!

Marco Marchi

Luzi e le torri altere

VEDI I VIDEO “11 settembre” , 11 settembre 2001. Parole e immagini per non dimenticare  , “Buio sangue”, poesie civili di Mario Luzi lette da Maria Cassi , Luzi sul Novecento, le parole e la storia , “Ab inferis”

VISITA IL SITO Premio “Firenze per Mario Luzi” 

Firenze, 11 settembre 2017 – Da sempre la poesia di Mario Luzi ha saputo coniugare terrestre e celeste, visibile ed invisibile: versi, i suoi, che riproducono in fogge mirabili – trascoloranti dallo sconcerto e lo sgomento alla letizia, dalle interrogazioni più drammaticamente dubitanti alla certezza – una dizione incircoscritta del mondo, dell’esistente.

La poesia «nell’opera del mondo»: nella natura come nel farsi storico degli eventi. Un’unica appartenenza intima e umanamente incaricata che dà voce, nel mistero, alla volontà dell’universo a vivere e rivivere attraverso la «trasformazione», il «mutamento», e insieme all’inverarsi di un senso, a quell’adempiersi insindacabile e segreto che costituisce la sua legge profonda.

Memoria e storia vengono così ad assumere in Luzi significati di assoluto rilievo, mentre il tema civile del superamento dell’insensatezza di un «buio sangue» della violenza e della distruzione sfocia e si propaga nel più diffuso afflato verso l’universa compiutezza del cosmo.

In entrambi i casi, partecipando e ricordando, la sua poesia «tende a»: canta costantemente, pur nella rigorosa spietatezza degli accertamenti e delle condanne, su accorate tonalità di esortazione invocante, spesso di fermo ammonimento e di richiamo, ma anche su registri di nitida contemplazione, di intatta e superiore fiducia in quel «magma» che sovrintende alle vicende dell’uomo e del mondo.

Ha scritto il poeta: «Dramma e enigma: provo a isolare queste due parole. Non so se possono davvero riassumermi ma certo vi riconosco molto di me. Il sentimento creaturale con la sua suscettibilità di fronte alle pene e alle offese non è meno forte del giudizio e del senso storico dell’ingiustizia».

Una dizione sconfinata e appassionata, che di necessità porta con sé il tema civile: un tema che  il ricordo orrendo dell’11 settembre 2001 recapita all’oggi, pone inevitabilmente all’attenzione. Ed è questa la cifra che vogliamo sottolineare, invitando a riconoscere in un’opera straordinaria come quella di Luzi tanti tragici eventi novecenteschi e di nuovo millennio: dalla Seconda guerra mondiale e i suoi orrori alla Guerra del Golfo poi ferocemente riaccesasi, da Praga al Vietnam, dall’assassinio Moro  alle stragi che hanno funestato la recente storia italiana, alle oltranze cruente e quasi inimmaginabili del terrorismo su scala mondiale .

Accadimenti con cui l’arte si incontra e si scontra, fornendo – proprio in questo suo umano non potersi sottrarre a necessità e insieme a un dono ricevuto prezioso come la parola – un’indicazione di valore etico ed educativo: una testimonianza e un pegno memoriale che valgono una continuità, un indirizzo, uno sguardo rivolto al futuro.

Il mondo è ancora insanguinato, il mondo è ancora al buio: «buio sangue». Ma «O anima del mondo / da tutto ferita, / da tutto risarcita…», risponde, perfettamente bilanciandosi tra sofferenza e ricompensa, dramma e speranza, un altro testo ad alta tenuta poetica che Mario Luzi ci ha lasciato (Durissimo silenzio, in Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini).

Marco Marchi

Contro le altere torri

Quegli aerei che si avventavano contro le altere torri,
quel volo a capofitto di vite umane contro altre vite…
L’anima di quel cataclisma era l’odio, un rancore antico
che si liberava come una sorta di ebbrezza… Era anche un
inno alla morte cantato nel sangue di migliaia di creature
sacrificali. E quello che per noi era tenebra per altri era luce ed estasi…
La mente vacilla, l’animo è soverchiato, oppresso.
Si preparano, forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto
agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?

11 settembre

Dimettete la vostra alterigia
sorelle di opulenza
gemelle di dominanza,
cessate di torreggiare
nel lutto e nel compianto
dopo il crollo e la voragine,
dopo lo scempio.
Vi ha una fede sanguinosa
in un attimo
ridotte a niente.
Sia umile e dolente,
non sia furibondo
lo strazio dell’ecatombe.

Si sono mescolati
in quella frenesia di morte
dell’estremo affronto i sangui,
l’arabo, l’ebreo,
il cristiano, l’indio.
E ora vi richiamerà
qualcuno ai vostri fasti.
Risorgete, risorgete,
non più torri, ma steli,
gigli di preghiera.
Avvenga per desiderio
di pace. Di pace vera.

Mario Luzi 

(in «La Nazione», 12.1.2002)

I VOSTRI COMMENTI

Elisabetta Biondi della Sdriscia
Da sempre impegnato con la sua opera nella difesa dei grandi valori civili e nella condanna delle iniquità, Luzi non si è sottratto alla necessità di esprimere il suo sdegno neppure in occasione del feroce e spettacolare attentato del 2001 alle torri gemelle: per la circostanza scrisse questi due testi molto diversi tra loro, in cui esprimeva efficacemente tutto lo sgomento e lo smarrimento dell’essere umano di fronte alla barbarie di altri esseri umani. Come aveva già avuto modo di esprimere in testi poetici e scenici di alta ispirazione civile, Luzi riteneva che l’uomo che condanna a morte un suo consimile perdesse ogni connotato umano: nessuno può arrogarsi il diritto di privare della vita altri esseri umani, assumendosi un ruolo che pertiene soltanto alle vicende terrene di ogni individuo. In Luzi la poesia si mette al servizio dei grandi valori civili con tutta l’intensità e l’umanità di cui può essere capace, senza enfasi retorica, sottolineando la centralità dell’uomo e della sua dignità e una profonda fiducia in un mondo di pace.

m
In questo Luzi civile, accoratamente impegnato, a dominare è, oltre la compassione (nel senso di comunione del dolore), un invito alla caritas e all’amore per il prossimo. Una straordinaria lezione di umanità…

Tania Montini
La poesia di Luzi coniuga terrestre e celeste, visibile e invisibile.I suoi versi riproducono lo sconcerto e lo sgomento dell’uomo davanti a una tragedia così immane, le interrogazioni più drammaticamente dubitative alla certezza del mondo e dell’esistenza.

Maria Grazia Ferraris
Mettersi come uomo e come poeta al servizio delle grandi cause civili, etiche, dei grandi valori, comunicare e condividere “drammi ed enigmi”… certo è una caratteristica innegabile del poeta Luzi : saper coniugare il “terrestre col celeste”, la cronaca con la storia, la poesia col quotidiano.. ., l’ha dimostrato nelle sue raccolte maggiori fin dal lontano “Nel magma”, dove la geografia e la storia diventavano metafora e riuscivano ad interiorizzarsi, poesia. L’immersione ultima nella tragedia della cronaca, quindi dell’occasionale, del quotidiano che ci frastorna ed inebetisce, e la domanda dubbiosa e carica di angoscia “forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto/ agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?” è davvero decisiva, inquietante, un superamento del pianto di rito, così come l’invito religioso della seconda lirica: “Risorgete, risorgete,/ non più torri, ma steli,/ gigli di preghiera./ Avvenga per desiderio/ di pace. Di pace vera” è un invito che nella forza della metafora si alza al metafisico… poetico.

Marco Capecchi
Terrestre e celeste come scrive Marco Marchi, trascendenza e immanenza, impegno civile e orizzonte spirituale: la cifra di Mario Luzi, forse l’ultimo Luzi che prima di lasciarci intese indicarci un dovere per restare umani.

tristan51
Che bello quando Luzi in un’intervista rilasciata per i suoi ottant’anni afferma che la poesia non è solo il sogno, ma anche il risveglio, e anche l’amaro risveglio! E che bello quando, a risarcimento dell’umano, con pari naturalezza ed intima convinzione in un’altra intervista dice che la poesia è la vita al quadrato, la vita al massimo grado di intensità!

Isola Difederigo
“La mente vacilla, l’animo è soverchiato, oppresso.
 / Si preparano, forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto
 / agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?” Pare di risentire il fraseggio dubitativo e interrogativo di “Nel magma”, all’ingresso della poesia luziana nel mondo della storia, chiamata d’ora in poi a testimoniare la “perenne alterità” del reale all’insegna dell’angoscia ma anche della pietà. Il Luzi della sua ultima e straordinaria stagione è però anche il poeta capace di abbandoni a fiducie trasfiguranti nel perpetuo avvenimento della grazia, che trasformano torri altere in gigli, il “buio sangue” di una drammatica vicenda umana nel sangue cristico dell’universale fratellanza.

framo
“Dopo il crollo e la voragine, dopo lo scempio” altri crolli, altre voragini, altri e diversificati scempi si sono consumati e si apprestano a consumarsi ai danni degli ultimi edifici dalle fondamenta cadenti di una dimensione umana vistosamente in agonia. Sparati sui nomi dei caduti incisi ai bordi di fontane, fasci incorporei ed esanimi di luce artificiale e altera, a segnalare il perimetro lasciato vuoto delle compiante Towers. Mancano del tutto fioriture di “gigli di umana preghiera”; ancora steli ai raggi laser e immagini di luce al neon, inadatte a far sentire l’uomo meno indifeso e solo, a riportarlo da un estraneo e protervo suolo verso un più terso, meno oscurato e inviolato cielo. Caro Luzi, cala la tenebra … “luce ed estasi”, ad oggi … per nessuno.

Duccio Mugnai
L’ho gia scritto un’altra volta. Certo le poesie civili di Luzi non sono quelle che preferisco. Poi, durante la giornata, ho ripensato a tutti questi anni passati dopo “quel” terribile 11 settembre. Ed è stata rabbia. Inutile negarlo. Quella data ha cambiato tutte le nostre vite. A parte progetti di orientare la propria esistenza, andati inesorabilmente in fumo, anche la gioia di sapere ancora vive persone care o amici. Il cuore era innegabilmente a New York, anche se mi trovavo nel south west London. Sì, probabilmente quelle torri erano davvero altere, simbolo di opulenza, ma erano belle, erano cuore pulsante di Manatthan, erano l’anima di migliaia di persone, non solo dirigenti, ma gente semplice che ci lavorava. Mi ricordo da ragazzo, quando le vidi per la prima ed unica volta… Tutto ci è crollato addosso. Questi anni terribili di guerra, di lotte, di faide che risorgono anche nei nostri paesi, nelle nostre città. La necessità di combattere follia o fanatismo o depravati interessi; e non c’è più un colpevole evidente, non c’è più un innocente. Il mondo urla, grida il suo bisogno di pace e noi non riusciamo a vincere neanche le nostre nevrosi, in un universo globalizzato dove la bilancia della giustizia è sempre più pesante dalla parte del male. Cristo in croce urla: ” Elì, Elì, lamà sabactani?”-

Chiara Scidone
Ancora ricordo quando i programmi televisivi si interruppero, l’11 settembre del 2001, per annunciare l’attacco delle torri gemelle a New York. Io stessa ho visitato il ground Zero, quella piazza, un vuoto enorme, un cimitero a cielo aperto. La tristezza e il dolore anche a distanza di anni sono sempre nell’aria. Questa poesia di Luzi ci aiuta a ricordare l’avvenuto invitandoci ad accantonare l’alterigia e a conseguire la pace, tutti insieme. Una poesia che ci porta ad avere speranza che disgrazie come questa non succedano più.

Pietro Paolo Tarasco
Luzi dai suoi profondi occhi, dalle sue dolci e pacate parole, dai suoi lunghi silenzi di meditazione ed alcune volte di sconforto (ricordo il telegiornale che abbiamo ascoltato insieme a casa sua a Pienza il 21 settembre del 2001, era ancora tutto dedicato all’11 settembre). Immagini strazianti, io ero accanto a lui, eravamo soli. Lui scuoteva lentamente il capo, il volto si rabbuiò all’improvviso ed io, in quei momenti avevo molto imbarazzo nel rivolgergli anche lo sguardo. Pensavo a lui, alla sua sofferenza di un uomo che per una intera vita aveva comunicato al mondo con sublimi parole di speranza e di pace. Il suo sconforto era grande-

Giacomo Trinci
Meditazione e preghiera intrecciati nella poesia di Mario Luzi, danno il colore il fraseggio così tipico al suo pensiero; la poesia attraversa dantescamente i luoghi del passaggio terrestre e celeste, della naturale vicissitudine umana e storica. L’umana pietas si posa con uno sguardo cosmico sulle vicende della storia, entrando nelle pieghe infere del farsi con la forza sicura del verso e col volo alto e umile della poesia.

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