«ALLE elementari scattavo facilmente, facevo fatica a stare attenta. Ora ho vent’anni e ho vinto la mia battaglia senza farmaci.Mi sono riscattata con il teatro». Ilenia Nanni, di Santarcangelo, una diagnosi di ADHD, dice che si sentiva trattata come una aliena e ha deciso di raccontare la sua storia.

Quando si è accorta di avere dei problemi a scuola?
«L’ho capito bene alle medie, mi mandavano ogni anno dallo psicologo a fare i test. Con gli anni ho preso coscienza, certi comportamenti facevano uscire la parte peggiore di me. Oggi posso gestire la mia impulsività, ho strategie per controllarmi».

Ad esempio?
«I dolci. Io posso mangiarli, ma non troppi perché senno’ arrivano gli scatti di iperattività. Tanti ragazzi fanno una dieta senza dolci e zuccheri».

Chi l’ha sostenuta in questi anni?
«Tutti, i genitori mi hanno sempre dato una mano. E il mio ragazzo, Lorenzo, è straordinario».

Come è arrivata a capire che era la sindrome dei bambini iperattivi?
«Facevo fatica a legare con gli altri compagni, non stavo mai ferma, la maestra propose a mia madre di portarmi dal neuropsichiatra infantile per un consiglio».

E una volta in ambulatorio?
«All’inizio venne fatta solo una vaga descrizione dei disturbi lamentati. La diagnosi di ADHD è venuta qualche anno dopo, quando frequentavo le medie».

Quali cure le prescrivevano?
«Nessuna, solo le visite di controllo annuali. Lo specialista disse che ero un caso medio-grave senza bisogno di medicinali. Avrebbe richiesto un trattamento con farmaci solo se fossi arrivata al punto di non ritorno. Mai accaduto, sono migliorata molto poi con il tempo».

E come ha superato i momenti di difficoltà?
«Facevo recitazione in un gruppo, all’inizio era uno sfogo, poi il teatro, sostenere una parte sotto i riflettori, mi ha aiutato a trovare il mio posto in mezzo agli altri».

Cosa l’ha spinta a parlare apertamente dei suoi disturbi?
«Negli ultimi anni, con internet, le informazioni in rete e i social hanno accorciato le distanze e la mia testimonianza è preziosa per incoraggiare altri. Ho raccontato la mia storia a Silvia Manzani del sito romagnamamma.it e mi sono iscritta a due gruppi su WhatsApp».

Che cosa è cambiato rievocando la sua vicenda?
«All’inizio la mia malattia era un tabù, qualcosa da tacere e di cui vergognarsi. Oggi posso dire che la mia condizione di disagio è superata e secondo alcuni studi non deve essere considerata una disabilità importante».

Qualche rammarico?
«Penso alla fatica che facciamo a ricevere una diagnosi e la riabilitazione, alla diffidenza da parte delle istituzioni scolastiche, ecco questi sono ostacoli da superare».

E le soddisfazioni quando sono arrivate?
«Tante volte, ad esempio quando mi sono diplomata animatore artistico con una tesi sul disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è stato un traguardo raggiunto».

Un desiderio per il futuro?
«Vorrei realizzarmi lavorando a contatto con i bambini per aiutarli a crescere facendo tesoro della mia esperienza».

Alessandro Malpelo, intervista pubblicata su QN Quotidiano Nazionale del 17 gennaio 2017

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