L’hanno seppellito avvolto in una bandiera rossa. Come voleva lui, forse. E si sono levati i pugni chiusi e l’Internazionale. Come voleva lui, forse. I funerali di Prospero Gallinari, ex Br irriducibile, ex comunista, ex osso duro della lotta armata,  hanno rimarcato e corroborato la sua “fede”. La sua, molto opinabile, fede. Innegabile non pensare alle vittime. A chi ha sofferto come un cane per l’atroce e assurda morte d’un parente. D’un amico. D’un collega. Ma innegabile pure che d’un uomo s’è trattato. Che ha vissuto ed è morto. Eppure, sull’uomo, dico sull’uomo, sotto queste colonne, sono piovuti ‘post’ poco felici. Che vi invito caldamente a osservare. Mai, dico mai, ho sentito una vittima diretta o indiretta delle Br sprizzare odio. Ho sentito solo dignità. Pura dignità, rispetto e comprensione. Penso a Sabina Rossa. Penso al figlio dell’appuntato Ricci.  Penso agli avversari politici e non di quella stagione maledetta.

Quei messaggi, di condanna ma non di auspici nefasti e maledizioni, sono stati i più forti che ho raccolto nel mio taccuino. Quelli che hanno, forse, suscitato il maggior senso di colpa in chi ha commesso i fatti. Invocare presunti giudici del bene e del male nell’aldilà, che puniscono e maledicono, non è autorità che competa all’umano genere. Lungi dall’assolvere quella che in molti hanno pilatescamente definito “una guerra”, l’ultima, possibile strada da intraprendere, per capire, è riaprire quelle pagine. Indagarle. Approfondirle. Analizzarle. Soprattutto con chi l’ha vissute sulla pelle. Da una parte e dall’altra. Perché l’odio non è il metodo giusto per capire la storia. Degli uomini.