«PERCHÉ rifiutare un approfondimento? La direttiva europea sul bail-in non è immodificabile». Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, non usa il fioretto e affonda contro il rifiuto di Bruxelles a rivedere le nuove norme sui salvataggi bancari. Evoca il ricorso alla Consulta perché «le norme sono state applicate retroattivamente» e lancia l’operazione «trasparenza semplice».
Presidente, il governatore Visco nel suo appello a rivedere le norme sulle risoluzioni bancarie ha fatto riferimento a un varco nella direttiva europea…
«È un appello che condivido in pieno. Potrebbe esserci un primo varco normativo già nel 2016 per modificare il bail-in, anche se è più ristretto rispetto a quello che prevede la possibilità di una revisione generale entro giungo 2018 (articolo 129 della direttiva Brrd, ndr)».
Bankitalia solleva anche il tema della dubbia costituzionalità.
«Il fatto che Bankitalia non si sia espressa, evidenzia l’esistenza di un dubbio. L’Abi ha posto la questione della costituzionalità già prima che la direttiva europea entrasse in vigore in Italia: la retroattività della norma nell’impianto costituzionale è ammessa solo nel diritto penale se c’è il favor rei (vantaggio del colpevole). Negli anni scorsi le banche hanno venduto prodotti finanziari, le obbligazioni subordinate, in un contesto normativo completamente diverso, senza che fosse immaginabile un cambiamento legislativo con effetti retroattivi e senza una norma transitoria. Un elemento che può essere contestato».
L’ha stupita la risposta secca dell’Europa? Segno anche che i nervi sono scoperti.
«Sì, è evidente. Ho trovato la risposta fuori luogo nel metodo e nel contenuto: perché rifiutare un approfondimento? Una normativa ordinaria non può essere ritenuta intoccabile, solo lo Statuto Albertino pretendeva di esserlo, ma non lo era».
Il governo non sembra aver raccolto l’appello di Visco.
«Non c’è solo il governo. Se l’autorità di risoluzione italiana, cioè Bankitalia, pone la questione, significa che c’è un dibattito anche all’interno dell’Autorità di risoluzione europea».
Dunque, l’impulso alla revisione del bail-in potrebbe arrivare da Francoforte?
«Penso che la questione andrà esaminata. Bankitalia ha fatto capire chiaramente di essere stata a suo tempo di diverso parere, ma qualcun altro può aver cambiato idea. E, se questa linea dovesse farsi strada, sarà sottoposta al Consiglio e al Parlamento europeo».
Intanto, il Tesoro ha strappato all’Ue l’intesa sulle sofferenze. Funzionerà?
«Me lo auguro, ma bisogna vedere il testo. Poi, ogni banca dovrà verificare ogni credito deteriorato e valutare se e quanto lo strumento è conveniente. Una partita complessa».
Insomma, non è la panacea…
«Può contribuire a velocizzare il mercato dei crediti deteriorati. Intanto, dà certezza normativa alle banche e ai mercati».
Il governo punta anche sulle fusioni bancarie. Tra le ipotesi del risiko è spuntata anche quella delle Poste in Mps, poi smentita. A suo parere, sarebbe un’operazione sensata?
«È un’ipotesi molto laboriosa e remota, che richiederebbe più passaggi: scorporo di Banco Posta, autorizzazione all’esercizio bancario e valutazione degli indici patrimoniali di Banco Posta-banca».
I decreti sui rimborsi agli obbligazionisti azzerati dal salva-banche basteranno a ripristinare la fiducia nel sistema?
«Vedremo come saranno, ma non è competenza nostra. Come Abi ci muoveremo in tutte le sedi competenti per ottenere una trasparenza più semplice nella contrattualistica. Le normative italiane ed europee si sono stratificate generando complessi prospetti informativi. Per favorire una ripresa della fiducia bisogna evitare equivoci nella compravendita dei prodotti finanziari».