IL PACCHETTO pensioni è quasi pronto e, mettendo tutto sulla bilancia, pesa tra i 2 e i 2,5 miliardi. Il governo prova a stringere gli ultimi bulloni in vista del prossimo rush con i sindacati, in programma il 6 settembre (sui temi del lavoro) e il 7 settembre (sulla previdenza). Ma, soprattutto, Palazzo Chigi punta a vedere l’Ape (l’anticipo pensionistico) operativo già da marzo/aprile 2017. Per farlo, spiegano fonti di governo, il provvedimento dovrebbe restare fuori dal perimetro della legge di Stabilità (altrimenti, bisognerebbe aspettare il primo gennaio per attivare tutti gli accordi con banche e assicurazioni per il prestito) che conterrebbe solo il bonus fiscale per abbattere la rata di alcune categorie di pensionandi. Una detrazione erogata in forma fissa e che, per alcune categorie, coprirà interamente gli interessi, i costi dell’assicurazione di premorienza e un pezzo di capitale.
L’APE, infatti, non avrà lo stesso costo per tutti. Consentirà di andare in pensione fino a tre anni prima agli over 63 (si comincerà con i nati tra il ’51 e il ’53) ottenendo un prestito dall’Inps che sarà restituito a rate una volta maturati i requisiti della pensione con diverse penalizzazioni. Per le categorie agevolate la penalizzazione sull’assegno sarà tra lo 0 e il 2,9% l’anno, per gli altri (chi sceglie l’anticipo volontariamente e non è in un’azienda in ristrutturazione) peserà tra il 4,5 e il 6,9%. E proprio sulle agevolazioni la squadra guidata dal sottosegretario Tommaso Nannicini sta ancora lavorando. Ci sono quattro tipologie di requisiti, il cui mix non è ancora stato deciso. Due requisiti oggettivi: chi è disoccupato e ha finito un ciclo completo di ammortizzatori sociali (gli esodati strutturali) e chi ha un’inabilità o disabilità grave (sua o di un parente di primo grado) per cui ha l’esigenza di uscire prima dal lavoro. Gli altri due requisiti sono soggettivi: Isee e lavori pesanti/rischiosi. In particolare, per quanto riguarda la rischiosità, palazzo Chigi ha commissionato uno studio all’Inail sulla probabilità di avere infortuni sul lavoro in relazione al settore e alla classe di stipendio. Un metodo scientifico che consentirà di stendere una lista dei lavori a rischio (diversi da quelli usuranti che hanno già agevolazioni) ai quali applicare il bonus fiscale. Se non si farà in tempo ad avere lo studio pronto, si partirà in via sperimentale con alcune categorie individuate anche attraverso il confronto con i sindacati, come gli edili. L’obiettivo è creare uno strumento il più possibile flessibile: si potrà chiedere l’anticipo solo di una parte dell’assegno (la soglia minima sarà fissata tra il 30 e il 50%) e integrare il resto con la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita).

OLTRE all’Ape, che è il piatto forte, il pacchetto previdenza contiene misure per i lavoratori precoci, gratuità delle ricongiunzioni, allentamento dei paletti per il prepensionamento nei lavori usuranti e interventi per i pensionati. Le misure di quest’ultimo capitolo sono due: aumentare la platea di coloro cui è riconosciuta la 14esima (oggi limitata agli assegni fino a 750 euro) e alzare la no tax area a quota 8mila euro (come per i lavoratori). Due ipotesi, assicurano da Palazzo Chigi, non alternative tra loro. Certo, bisognerà vedere quanto sarà stretta la coperta e quanto Bruxelles concederà in termini di margini aggiuntivi sui conti pubblici. Anche per questo i tecnici di palazzo Chigi e del ministero del Lavoro hanno diverse ipotesi allo studio per quanto riguarda le penalizzazioni di chi esce prima dal lavoro. L’aggiornamento del Def a settembre darà una dimensione più chiara del nuovo quadro di finanza pubblica entro il quale muoversi. Ma l’Ape, assicurano, volerà.