DRAGHI ha impugnato il bazooka e sparato l’ultimo colpo a disposizione della Banca centrale europea per dare una spinta alla crescita e togliere gli ultimi alibi a chi dovrebbe fare riforme che continua a rimandare e a un’Europa che più si dice unione e più sottolinea le proprie divisioni. Una mossa storica, quella di Draghi, nel rispetto del mandato di garantire la stabilità dei prezzi con l’obiettivo di riportare l’inflazione al 2% e scongiurare la deflazione. Un colpo potenzialmente molto forte per quantità e durata dell’intervento, ma a rischio di non essere efficace perché in ritardo rispetto alle necessità: solo i fatti diranno se l’ultimo atto della politica di stimolo della Bce (il cosiddetto quantitative easing) sia ancora in tempo a risvegliare l’Eurozona come sembrano lasciare intendere gli effetti già prodotti sui mercati solo sulla scia di annunci, indiscrezioni e anticipazioni di quanto accaduto ieri. Draghi, con l’adozione del quantitative easing, ha compiuto l’ultimo di una serie di passi che hanno spostato l’asse della politica monetaria europea al servizio della crescita. Agendo più come la Fed, senza essere la Fed e senza avere gli Stati Uniti (d’Europa) alle spalle.

LA RIPARTIZIONE dei rischi delle operazioni varate ieri dalla Bce, infatti, è la miglior prova che non è ancor tempo di solidarietà tra gli Stati dell’Eurozona. È finita così: solo il 20% dei rischi ricadrà sulla Bce e, quindi, sarà condiviso dai paesi membri. L’80% ricadrà invece sulle banche centrali nazionali. Tecnicamente, notano operatori e analisti, la ripartizione dei rischi non dovrebbe avere alcun impatto sull’efficacia delle misure di stimolo. Politicamente, invece, la dice lunga sul fatto che la guerra tra colombe (che incassano il quantitative easing) e falchi (fermi oppositori della condivisione dei rischi tra tutti i Paesi) non è finita. L’Europa non si è fatta e Draghi ha sparato tutti i colpi a disposizione. E la solidarietà rimane lettera morta sui trattati. Ora tocca alla politica.

 

Pubblicato su Qn venerdì 23 gennaio 2015