GUARDATELA bene quella foto. Concentratevi sul suo sguardo. E rabbrividite. Vi trovate di fronte a Michael Seifert, il giovanissimo ucraino (aveva vent’anni nel 1944) che seminò il terrore tra gli internati del campo di Bolzano. Un sadico. Un assassino. Fu estradato in Italia nel 2008 e condannato all’ergastolo. Nel 2010 morì. Oppure, fatevi coraggio, spostatevi a pagina 84. Una foto in bianco e nero vi mostrerà l’orrore del campo di concentramento di Fossoli alla fine della guerra. Fossoli, vicino a Carpi. Lì, i detenuti ebrei furono 2844. Di questi, 2801 furono deportati nei lager del Reich, in trentuno riuscirono a scappare, tre furono trasferiti a Bolzano e liberati il 29 aprile 1945.

IL TERRIBILE elenco potrebbe durare ancora per pagine e pagine. Per questo vi consigliamo la lettura de “I luoghi della Shoah in Italia” di Bruno Maida, storico dell’ateneo torinese. Il saggio, edito dalle edizioni del Capricorno, è in vendita a 9,90 euro più il costo del nostro giornale. Fondamentale l’apparato iconografico, con fotografie dell’archivio Ansa. Attenzione: non è un libro «facile», vi trovate di fronte a un vero e proprio “manuale della memoria”, dalla scrittura essenziale e perciò oltremodo efficace.
La parola memoria è fondamentale per declinare il presente. Perché, come ci insegna il filosofo Tzvetan Todorov, «il buon uso della memoria è quello che serve una giusta causa, non quello che si limita a riprodurre il passato». Parole sacrosante che dovrete tenere a mente in questo viaggio nell’orrore. Vi troverete davanti a luoghi che magari avete percorso distrattamente per anni andando a lavoro o uscendo con gli amici. Vi troverete di fronte a Villa Triste a Firenze, sulla via Bolognese, laddove i boia della banda di Mario Carità torturavano e uccidevano e stupravano ebrei e partigiani. Passerete da via Tasso, a Roma, oggi museo di prim’ordine, ieri infame carcere. Leggerete che, nel 1944, furono arrestati settemila ebrei, deportati e uccisi. Senza distinzione, fossero essi vecchi, donne o bambini. Denunciati da spie prezzolatissime (si potevano guadagnare anche 10mila lire a persona).

E NON PENSIATE che i boia fossero solo tedeschi. «La Repubblica sociale – scrive giustamente Maida – non fu una spettatrice immobile, al contrario mise a disposizione dell’alleato e dell’obbiettivo di rastrellare il maggior numero di ebrei tutti i suoi apparati politici e polizieschi».

Già, i famosi italiani brava gente…