imageHorgos (Serbia) – Tra l’euforia della speranza e l’inferno della disperazione il viaggio è breve, soprattutto per loro che di chilometri ne hanno fatti a migliaia. Con il sogno di raggiungere la Germania o la Scandinavia. È deprimente ed esasperante l’altalena di illusioni che il popolo siriano, pakistano, afghano, iracheno sta vivendo schiacciato contro i 175 chilometri del muro di reti e filo spinato che il premier ungherese Orban è riuscito a completare in tempi record: mostra i muscoli, ora li fa controllare da un militare ogni decina di metri e da elicotteri in volo sopra i confini. Tutte le frontiere calde con la Serbia sono state chiuse, bloccati a lungo anche i varchi autostradali presidiati da polizia ed esercito. Di spiragli o passaggi non c’è ne sono più e dall’altra parte del fortino ungherese leggi speciali puniscono da ieri in modo severo chi entra da clandestino (367 arresti soltanto ieri), mostrando il volto più cinico di un’Europa non più gloriosa ma decadente e inconcludente, che lunedì ha fallito l’ennesimo vertice. E stamane la polizia magiara ha lanciato lacrimogeni e sparato con cannoni ad acqua contro i migranti che cercavano di forzare il blocco. La tensione resta altissima.

Nell’imbuto dei Balcani, al confine tra Serbia e Ungheria, si è rivisto anche  il lancio di cibo e acqua al popolo dei migranti, triste immagine di altri tempi. Sono nate tendopoli spontanee alle dogane, in difficili condizioni igieniche: “Guardi questo piccino, ha quattro giorni” singhiozza una giovane funzionaria dell’Unhcr, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, dando alla madre stremata latte in polvere per il bimbo e pane per la donna. Migliaia di persone vengono messe in marcia per chilometri con l’illusione, quasi sempre traditrice, dell’apertura di una temporanea breccia nel diktat del governo magiaro. I maligni raccontano che i rifugiati “buoni”, cioè i siriani, siano passati quasi tutti ma a Damasco ogni sessanta secondi una famiglia lascia la propria casa.

Chilometri su chilometri, sotto il sole, con bimbi piccoli, anziani, gente che si sta ammalando, con zaini, sporte, coperte per la notte. Famiglie e amici che si perdono durante il viaggio e poi si ritrovano con l’aiuto del destino e di Facebook. Urla, pianti, liti, strazio.“Grazie Serbia” gridava martedì il popolo dei migranti asserragliato di fronte al confine chiuso e blindato: é l’ennesima notte da migrante accampato davanti ai valichi blindati. “Mamma Merkel, aiutaci tu” era scritto sul cartello di una bambina issata sulle spalle del padre.

La migrazione ha ormai un sapore biblico che i governi del vecchio continente non affrontano e la piccola comunità di Horgos non può che subire, e magari lucrarci qualcosa con cinico opportunismo grazie a taxi, viveri e cibo venduti a prezzo ingiusto. La marea dei rifugiati continua dunque ad infrangersi contro il muro magiaro ma, come l’acqua che sbatte contro un ostacolo, scivola via e trova altre vie per scendere verso il proprio mare: il flusso migratorio in ingresso dalla Macedonia si dirige ora verso la Croazia, con l’idea di passare in Slovenia dove restare o proseguire verso nord. I più intraprendenti lo stanno già facendo. Le difficoltà sono enormi e un flusso migratorio di questa portata diventa esplosivo, se non regolamentato: oltretutto, ingressi senza alcun tipo di controllo stanno inducendo timori per la sicurezza. E l’altalena esasperante tra false promesse e disillusioni, ora dopo ora, giorno dopo giorno, rischia di creare leadership incattivite.

Video: migranti senza pace

Video al confine