È BASTATA una semplice indiscrezione, come sempre lasciata filtrare ad arte dai banchieri di Francoforte, per spostare decine di miliardi e innervosire le piazze finanziarie già stressate da Brexit, rallentamento della crescita e dubbi amletici sulle banche: l’ipotesi che la Bce di Mario Draghi possa ridurre la liquidità immessa sui mercati, oggi di 80 miliardi al mese, ha rafforzato l’euro e indebolito i titoli di Stato dei paesi più fragili, com’è l’Italia. Non sono servite le smentite: lo spread tra il Btp e il Bund è risalito di una decina di punti, attorno a 135, e il rendimento del decennale tricolore si è spinto sopra 1,34 per cento. L’orientamento è evidente: se diminuiscono gli acquisti della Banca centrale europea, i bond sovrani dell’Italia finiscono per soffrire e si rimettono in discussione i conti dello Stato. Gli effetti della strategia monetaria di Draghi sono stati del tutto salutari per le nostre casse: prima del quantitative easing, partito nel marzo dello scorso anno, abbiamo pagato 85 miliardi di oneri sul debito pubblico nel 2012, scesi a 77 nel 2013, diminuiti ancora a 74 nel 2014 e fino a 68 nel 2015. Risparmi tanto consistenti avrebbero dovuto dar respiro al nostro paese e finanziare riforme, crescita e risanamento dei conti, secondo l’auspicio del banchiere centrale.

MA i risultati paiono al di sotto delle aspettative: il debito pubblico è salito da 2.069 miliardi del 2013 a 2.252 miliardi del luglio 2016, stando ai dati di Bankitalia. Il gettito delle imposte è aumentato da 486 miliardi del 2012 a 492, la pressione fiscale è diminuita di un modesto 0,2%, al 43,4 per cento nel 2015. Le entrate sono salite in quattro anni da 771 miliardi ai 784 miliardi del 2015, le uscite sono passate da 818 a 827 miliardi. Insomma, i conti non tornano e la crescita resta debole, stimata allo 0,8% nell’anno in corso e all’1% nel 2017. Non può dunque meravigliare se investitori e risparmiatori stanno premiando gli spagnoli con acquisti sui bond iberici, preferiti a quelli italiani: la crescita di Madrid è tripla rispetto alla nostra.

Un ulteriore pericolo arriverà dalla speculazione, sempre puntuale: se la Bce diminuirà progressivamente gli acquisti fino ad azzerarli, come previsto per la primavera 2017, la turbolenza su Btp e Bot sarà inevitabile. Uniche beneficiarie potrebbero essere le banche, ieri in crescita, purché non siano imbottite con titoli di nazioni periferiche.